Doppio schiaffo all’Italia sui migranti. Nasce zoppo il piano Ue sugli sbarchi
Un progetto per «esternalizzare» la gestione degli sbarchi fuori dalla Ue che sembra avere la strada tutta in salita. Angela Merkel ed Emmanuel Macron che ritrovano la sintonia (tra di loro) e ne approfittano per lanciare due schiaffetti sulle guance dell’Italia, uno sulla vicenda Aquarius e uno sull’obbligo di riprendersi i migranti che sono fuggiti negli altri Paesi europei. In vista del summit del 28-29 giugno il tema immigrazione continua a tenere banco nell’agenda europea, ma per il governo Conte non sarà facile incassare soluzioni innovative. E un’intesa sulla riforma di Dublino
non si vede all’orizzonte. Bisognerà dunque continuare ad accogliere le navi e lavorare sulla strada già tracciata da tempo, quella dei centri gestiti dalle agenzie Onu lungo le rotte dell’immigrazione per valutare lì chi ha effettivamente diritto alla protezione internazionale e chi no. Centri che – è bene ribadirlo – sono una cosa diversa dagli hotspot Ue perché sono sì finanziati dalle casse europee, ma lavorano sotto la gestione e soprattutto sotto la bandiera delle Nazioni Unite.
A pochi giorni dal Consiglio europeo, Donald Tusk ha provato a ri-tirare fuori dal cilindro una proposta che di tanto in tanto si affaccia sui tavoli Ue: dirottare le navi verso altri Paesi nordafricani. Tunisia in primis, forse anche l’Egitto. Addirittura c’è chi pensa di includere la Libia, anche se riportare sulla terraferma i migranti salvati in acque internazionali potrebbe violare le norme internazionali sui respingimenti.
Il sostegno di Ginevra
Il progetto, nel suo complesso, avrebbe il sostegno dell’Unhcr (l’Alto Commissariato per i rifugiati), che di recente ha rivolto una serie di appelli alla responsabilità all’indirizzo dei Paesi nordafricani proprio su questo fronte. Tali Paesi dovrebbero limitarsi a concedere i porti e gli spazi per installare i centri dell’Unhcr e dell’Oim, in cui esaminare le situazioni dei migranti e da cui avviare le operazioni. Da un lato i reinsediamenti in Europa per chi ha diritto all’asilo (ma ad oggi gli Stati Ue hanno messo a disposizione solo 25 mila posti su un piano Unhcr da 40 mila beneficiari), dall’altro i rimpatri volontari assistiti nei Paesi di origine per chi non ha i requisiti. Il problema è che il piano per la gestione in «outsourcing» degli sbarchi raccoglie già molto scetticismo. Ieri il commissario Dimitris Avramopoulos (Immigrazione) è stato netto: «Conoscete per caso qualche Paese che desidera ospitare un centro in cui dirottare i migranti diretti in Ue?».
Le «facili soluzioni»
Diversi governi europei storcono la bocca. Angela Merkel ed Emmanuel Macron ieri sono parsi molto tiepidi. La cancelliera si è limitata a dire che l’idea «non è nemmeno mai stata discussa dai rappresentanti degli Stati Ue». Tusk sarà oggi a Roma e ne parlerà con Giuseppe Conte. Nella Capitale il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi incontrerà l’omologo tunisino per ricucire dopo gli scontri con Salvini. Nel settembre scorso, in un’intervista a La Stampa, Khemaies Jhinaoui era stato netto: «Non accetteremo mai centri per i migranti in Tunisia».
Macron ha invitato a diffidare delle «facili soluzioni» e non ha perso l’occasione per tirare nuovamente una bordata al governo italiano sul caso Aquarius: «Non risponderemo mai in modo positivo a strategie chiaramente non cooperative». Parigi ha anche ribadito il sostegno a Berlino sui «respingimenti» intra-Ue: «I migranti che vengono registrati in un Paese e vanno in un altro devono essere rimandati indietro al più presto». Proprio ieri il Consiglio ha dato il via libera a una modifica del codice Schengen che rende più facile il ripristino dei controlli alle frontiere interne.
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