Controlli, respingimenti e niente quote. Il mini vertice sui migranti incastra l’Italia

marco bresolin
inviato a bruxelles

La parola chiave è «movimenti secondari». È scritta nero su bianco già nel primo capoverso della bozza di conclusioni che accompagnerà il mini-summit sull’immigrazione, convocato a Bruxelles per domenica. E ne occupa la parte più dettagliata. «È essenziale ridurre ulteriormente l’immigrazione illegale verso l’Europa – si legge all’inizio del documento di 4 pagine visionato da La Stampa – così come i movimenti secondari dentro l’Ue». Ma è al punto 3 del documento («Dimensione interna») che vengono elencati una serie di impegni che gli Stati di frontiera dovranno prendersi. «Per l’Italia il vertice rischia di essere un bel trappolone», fanno notare fonti diplomatiche.

L’incontro organizzato da Jean-Claude Juncker non nasce affatto come risposta alle proteste italiane, ma è frutto di un’iniziativa di Angela Merkel. Che ha grossi guai in casa propria con gli alleati bavaresi della Csu e che dunque deve trovare una via d’uscita al problema dei migranti che entrano illegalmente sul suo territorio. La Germania, spalleggiata dalla Francia, vuole rimandarli tutti indietro. E dove? Nei Paesi di primo approdo, principalmente in Italia.

 

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La cancelliera aveva provato in un primo momento a sondare i colleghi per un summit a Berlino: richiesta respinta per ragioni politico-geografiche. A quel punto ha chiesto a Donald Tusk di organizzare un mini-vertice a Bruxelles tra i Paesi direttamente coinvolti. Ma il presidente del Consiglio europeo ha negato la sua disponibilità, ricordandole che è già in agenda un vertice ufficiale il 28-29 giugno e che è quella la sede in cui discutere di immigrazione tra i 28 leader. E così Jean-Claude Juncker è corso in aiuto della Merkel, offrendo il palazzo della Commissione europea per ospitare il vertice. Scatenando l’irritazione di Tusk. Ci saranno la Francia, la Germania, le due presidenze di turno Ue di quest’anno (Bulgaria e Austria), più il blocco dei mediterranei (Italia, Spagna, Malta e Grecia), che rappresentano proprio i Paesi di primo ingresso. Dopo l’annuncio, si sono aggiunti anche il premier Belga Charles Michel e l’olandese Mark Rutte, particolarmente interessati al tema dei «movimenti secondari».

 

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Francia e Germania hanno le idee ben chiare su cosa vogliono e su come fare per ottenerlo. Nel documento c’è la promessa di rafforzare i controlli alle frontiere esterne, lo stanziamento di maggiori risorse in Africa e «più protezione e capacità di accoglienza» nei centri (già esistenti) per l’esame delle domande d’asilo fuori dalla Ue (gestiti dalle Nazioni Unite). In cambio, però, vorranno impegni chiari e precisi per evitare i movimenti secondari. Paesi come l’Italia avranno l’obbligo di riprendersi, attraverso «procedure accelerate», i migranti fuggiti negli altri Stati Ue. Nella bozza sono elencati sei punti con altrettante «misure pratiche» che i Paesi di primo ingresso dovranno mettere in campo, tra cui maggiori controlli «in uscita» nelle stazioni e negli aeroporti. Dovranno inoltre evitare «misure unilaterali» che «mettono a rischio Schengen». C’è anche un passaggio sulla riforma di Dublino, che Parigi e Berlino vogliono assolutamente portare a termine, ma che era stata bloccata (con motivazioni opposte) dall’asse tra l’Italia di Salvini e i Visegrad. È necessario «un meccanismo di solidarietà» (ma non si menzionano le quote obbligatorie), tenendo però fermo il principio del Paese di primo ingresso.

 

L’ipotesi di dirottare gli sbarchi in altri Paesi del Mediterraneo è accennata soltanto all’interno di una parentesi quadra (segno che potrebbe essere depennata). Al progetto ci credono in pochi. La Francia è tra i più scettici. Anche perché ieri la Tunisia ha detto chiaramente «no».

LA STAMPA

 

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