“Assurdo vietare a noi medici i due lavori”
Ai medici non sono piaciute le parole della ministra della Salute Giulia Grillo che, per risolvere il problema delle liste d’attesa negli ospedali, vuole mettere un freno al doppio lavoro degli operatori sanitari. Chiudono le porte ed evitano di rilasciare dichiarazioni negli ospedali romani dove si aspetta di più, il Sant’Andrea (262 giorni per un’ecografia dell’addome superiore) e il San Giovanni (243 giorni per un’ecografia della mammella mono e bilaterale).
Sono questioni delicate, da affrontare in via formale e quindi preferiscono che a parlare siano le associazioni di riferimento. Carlo Palermo, vicesegretario nazionale dell’Anaao, associazione che rappresenta i medici ospedalieri: «Si tratta di un’idea di difficile applicazione e totalmente illegittima. Crea un danno economico ai medici ma blocca anche la libera scelta dei pazienti e, in particolare, delle donne. In regime di ricovero l’attività libero professionale è scelta soprattutto in caso di parto naturale e cesareo. E in caso di prestazioni ambulatoriali la visita ginecologica è la più scelta. Se la ministra Grillo metterà in discussione le libere scelte delle donne se ne assumerà la responsabilità. In ogni caso quando ci riferiamo ai ricoveri la libera professione rappresenta lo 0,3% dei ricoveri totali e per quel che riguarda le prestazioni ambulatoriali quelle in libera professione rappresentano il 7% del totale».
Inutile, insomma agire sul doppio lavoro dei medici. Per accorciare i tempi delle liste d’attesa bisogna pensare a soluzioni diverse, sostengono i medici. Molto contrario, infatti, anche Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, Federazione dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri: «Le liste d’attesa non si ridurranno agendo sull’intramoenia ma solo aumentando il numero degli specialisti . Questa proposta aumenterebbe le disuguaglianze tra Regioni, penalizzando quelle che hanno carenze di personale».
«Quanto riportato sembra andare in direzione nettamente opposta rispetto alle dichiarazioni programmatiche per una maggiore universalità ed equità del Servizio sanitario nazionale – conclude il presidente Fnomceo – Ribaltare le responsabilità delle liste d’attesa sui medici, anziché su chi gestisce la sanità, ci sembra del tutto fuori luogo, così come fortemente penalizzante per i cittadini è razionare la spesa secondo logiche economicistiche anziché obiettivi di appropriatezza e di salute».
Non tutti i medici possono effettuare la doppia professione ma il giudizio sulla proposta della ministra non cambia. Paolo Biasci, presidente della Fimp, la Federazione dei Medici Pediatri: «Il problema non interessa direttamente noi pediatri che solo in casi particolari abbiamo bisogno di specialisti di secondo livello. Riteniamo però che una soluzione al problema non possa che passare attraverso lo sviluppo delle cure primarie. Meno persone accedono ai servizi di secondo livello, minore sarà il rischio di andare a ingrossare le liste d’attesa. Per riuscirci quindi sono necessari investimenti sui territori per renderli capaci di rispondere in modo totale alle richieste dei pazienti».
Nella stessa condizione si trovano i medici di famiglia. Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg: la convenzione firmata a marzo ed entrata in vigore ieri dopo la ratifica della Conferenza Stato-Regioni, «prevede investimenti sulla medicina di famiglia per migliorare l’offerta assistenziale. Questo vuol dire, per esempio, la possibilità, presso uno studio medico, di realizzare una visita con ecografia». In questo modo si «aumenta la capacità diagnostica strumentale nell’ ambulatorio del proprio medico, e si riducono le liste d’attesa».
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