Lo scontro Saviano-Salvini e la grammatica delle Istituzioni
MARIO CALABRESI
Ho conosciuto Roberto Saviano a New York, camminammo lungo il Parco di sera. Non aveva la scorta, rideva, respirava e si fermava ogni volta che doveva descrivere qualcosa con le mani.
Il secondo incontro fu a Milano, arrivò circondato di carabinieri, soffocato dalla sicurezza, lo sguardo triste e l’ansia in ogni discorso. Quando ha scritto Gomorra non avrebbe mai immaginato di finire recluso lui, prima ancora dei casalesi.
La scorta non è un’auto blu, ma una condanna. È una privazione della libertà, la rinuncia ad ogni impulso vitale di curiosità.
La scorta non si sceglie e non si chiede. La scorta non viene assegnata o revocata per motivi politici. La scorta non è riservata agli amici e non può essere tolta ai nemici. E la protezione di una vita non ha prezzo.
Questa è la grammatica minima delle Istituzioni. Al Viminale, dovrebbe essere sacra. In Italia abbiamo pagato troppi tributi di sangue per permetterci un ministro maramaldo che ha fatto del dileggio la sua cifra.
REP.IT