Bonafede parte male: fa arrabbiare pm e avvocati
Roma Lo dicono magistrati, avvocati e politici d’opposizione. «Alfonso Bonafede è entrato al ministero come un elefante in una cristalleria».
Il titolare grillino della Giustizia si attira critiche da tutte le parti alle sue prime mosse. Vediamone tre: intercettazioni, tribunale di Bari e nomine ai vertici degli uffici del ministero.
Il fedelissimo di Luigi Di Maio annuncia di voler bloccare la riforma sulle intercettazioni. «Sono stati spesi – dice – troppi soldi». Il presidente dell’Anm, Francesco Minisci, gli risponde che così Aggiungi nuovo«creerà distorsioni e danni alle indagini e al diritto alla difesa». Per David Ermini, capogruppo Pd in Commissione Giustizia alla Camera, sarebbe «gravissimo lasciare le cose come sono». Ed Enrico Costa, capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia a Montecitorio, accusa il M5s di fare una «grossa marcia indietro», perché «bloccando il decreto intercettazioni, blocca anche l’estensione indiscriminata del trojan che gli stessi grillini hanno insistito per inserire». Al capitolo «Lotta alla corruzione» del contratto di governo si prevede un potenziamento delle intercettazioni e i 5S sembravano decisi a favorire l’uso dei virus-spia, i trojan horse, nelle indagini. L’ex Guardasigilli dem Andrea Orlando precisa che «le risorse non sono legate alla riforma, ma a rendere più sicuro il sistema informatico che le raccoglie e le gestisce». E invita Bonafede a «non rilasciare dichiarazioni affrettate senza avere prima approfondito le questioni».
Poi c’è la questione del palazzo di Giustizia di Bari inagibile, con magistrati e avvocati costretti a fare i processi sotto le tende. Il ministro annuncia che il governo con un decreto legge «sospende tutti i termini processuali e i processi da qui al 30 settembre». Le udienze non si terranno finché il ministero non avrà trovato una nuova sede, ma quando? Per l’Anm «il problema non si è risolto, ma è stato solo tamponato». Alzano la voce Ordine degli avvocati e Camera penale, protestano avvocati e magistrati baresi. E il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, chiede «risposte rapide e definitive», perché «non bastano procedure ordinarie».
Infine, le nomine del ministro ai vertici degli uffici di via Arenula. Uno spoil system vecchia maniera e nei posti chiave toghe della corrente di Piercamillo Davigo, Autonomia e Indipendenza, dell’ala sinistra di Unicost e di Magistratura democratica. Rimane fuori la moderata Magistratura indipendente. «Per la prima volta nella storia – dice Pierantonio Zanettin di Fi, ex laico del Csm – non viene garantito il tradizionale pluralismo di tutte le anime della magistratura, discriminando in particolare quelle più liberali e garantiste». Qualcuno commenta: «Perfino il comunista Oliviero Diliberto non era arrivato a tanto».
IL GIORNALE