Pensioni, con il calo di migranti e occupati salirà il conto per l’Italia
MILANO – Il numero di migranti in entrata nel nostro Paese, insieme al recupero economico e quindi occupazionale, sono le variabili che rischiano di far saltare il banco delle pensioni. Lo ha verificato l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’Autorità dei conti pubblici, mettendo a confronto le diverse previsioni di spesa pensionistica rilasciate recentemente da autorità nazionali e internazionali.
Guardando queste previsioni, l’Upb si rende conto che c’è una dinamica di fondo comune: una crescita della spesa sul Pil con picco nel 2040, per poi ridiscendere progressivamente fino al 2070 in virtù delle riforme pensionistiche del passato. Ma la quantificazione del picco differisce molto da un osservatore all’altro: si arriva per esempio al 18,4% nel 2040 secondo l’Europa (Awg – working group on ageing populations and sustainability), al 16,2% per la Ragioneria e ben al 20,5% del Pil secondo il Fmi.
Come mai queste differenze? Secondo l’Upb si devono alla stima ella maggiore o minore “persistenza degli effetti della crisi macroeconomica” in termini di bassa produttività e minore occupazione e “a un peggioramento del quadro demografico, riconducibile ai minori flussi migratori netti”. L’Authority dei conti spiega che i livelli più alti della spesa per Awg e Fmi “non derivano da riflessi delle riforme pensionistiche passate, che al contrario miravano a migliorarne la sostenibilità”, ma dagli altri fattori. Per quanto riguarda le ipotesi demografiche, in tutti “gli esercizi si osserva un rapido processo di invecchiamento della popolazione italiana (l’indice di dipendenza degli anziani passerebbe dall’attuale 33,7 per cento a oltre il 60 per cento nel 2070), mitigato solo in parte dai movimenti migratori. È proprio nella stima di tale variabile che si riscontrano le differenze demografiche più rilevanti tra le tre proiezioni”. Le proiezioni dell’Europa “prevedono infatti sino al 2065 un flusso migratorio medio annuo pari a circa 170 mila unità, mentre per quelle del FMI tale valore scende a circa 85 mila unità”.
Sul fronte delle ipotesi economiche, invece, le previsioni si distaccano per il tasso di occupazione e la dinamica della produttività. In questo campo le ipotesi più ottimistiche sono quelle nell’esercizio nazionale della Ragioneria che vede il tasso di occupazione superare il 66 per cento a partire dal 2040 e il tasso di crescita della produttività permanere sopra l’1,5 per cento successivamente al 2025. Le più pessimistiche sono quelle del Fmi, secondo il quale il tasso di occupazione rimane stabilmente al di sotto del 60 per cento e la crescita della produttività si stabilizza nel lungo periodo all’1,3 per cento.
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