Milano, agguato al figlio di Simona Ventura, Niccolò Bettarini. Quattro arresti nella notte

«Sì, ero là, ho visto la scena, ma non ho picchiato nessuno». «Sono miei amici, ma con la rissa non c’entro». «Mi parlate di un cacciavite, ma non so chi l’avesse portato e non ho capito chi ha colpito». Sono in questura dal primo pomeriggio di sabato (e per tutto il pomeriggio hanno provato a scaricare le proprie responsabilità), i quattro aggressori di Niccolò Bettarini, 19 anni, figlio dell’ex calciatore Stefano e di Simona Ventura, accoltellato alle 5.16 di sabato notte di fronte a un chiosco fuori dall’«Old Fashion», discoteca sul fianco del Parco Sempione, centro di Milano. E durante la notte sono stati confermati i sospetti. I quattro infatti sono stati sottoposti a fermo con l’accusa di tentato omicidio. Sono due giovani italiani di 24 e 29 anni e due cittadini albanesi di 23 e 29 anni. Niccolò Bettarini ha passato la giornata di sabato in una stanza dell’ospedale Niguarda, dove è stato portato in codice rosso, ma è sempre rimasto cosciente e i medici hanno accertato che non ha lesioni gravi: undici colpi, con un coltello, un cacciavite o un punteruolo; ferite superficiali, tranne una alla mano, che ha toccato un tendine e richiederà un intervento in settimana (la prognosi è di 30 giorni).

È stato un pestaggio, con la dinamica di un agguato. Il principale sospettato è D. C., 30 anni, milanese, che vive in uno dei quartieri Nord di Milano, ha un passato di carcere e arresti domiciliari; è lui che colpiva col coltello, gli altri tre gli stavano intorno. Definito il profilo del gruppo: due italiani che gravitano intorno alla curva dell’Inter (anche se il calcio non ha nulla a che fare con questa vicenda), frequentano gli ambienti degli ultrà e, almeno uno, comparirebbe negli archivi della Digos come seguace del gruppo di estrema destra «Lealtà Azione». Gli altri due sono albanesi. Tutti uomini, non ragazzini, come ha raccontato uno degli amici di Niccolò: «Sembravano drogati, hanno 30, 40 anni, uno aveva gli occhi azzurri; si accanivano col Betta, ne ho spinto via uno, sembravano animali». In questura hanno ammesso parte dei fatti, hanno omesso particolari, hanno cambiato versione. I quattro sono compresi nel gruppo di una decina di persone che i poliziotti dell’Ufficio prevenzione generale e della Squadra mobile hanno ascoltato fino alla tarda serata. Alcuni sono soltanto testimoni; per i quattro invece il pm Elio Ramondini ha valutato fino alle prime ore della notte un fermo per tentato omicidio, o una denuncia per il favoreggiamento. L’indagine della questura è stata molto rapida, in poche ore i poliziotti sono arrivati a quei nomi, raggiunti tra i quartieri di Affori e Bruzzano; molto più complicato è stato definire per ognuno la responsabilità precisa nell’agguato.

«Niccolò ha soltanto cercato di aiutare un amico in difficoltà», hanno spiegato alcuni testimoni: «Non era direttamente coinvolto, non è stato lui a provocare, è un ragazzo generoso che cerca sempre di dare una mano agli altri, questo ha fatto anche l’altra notte». È quel che il giovane Bettarini ha spiegato anche ai suoi genitori. La dinamica, nei suoi tratti salienti, è chiara e ha un antecedente: un paio di settimane fa un ragazzo, sempre all’«Old Fashion»,ha una lite con un gruppo di uomini per una questione di tavolo occupato o riservato. Sembra chiusa lì. E invece l’altra notte si incontrano di nuovo, per caso, nello stesso locale: i quattro s’avvicinano e regolano la vecchia discussione con un paio di pugni. Niccolò Bettarini conosce quel ragazzo e interviene.

La sicurezza della discoteca fa uscire gli aggressori e la serata trascorre senza problemi: ma il gruppo resta all’esterno, si prepara alla «vendetta», aspetta l’uscita e attacca. Ieri pomeriggioStefano Bettarini e Simona Ventura hanno scritto: «Nostro figlio è stato aggredito da molte persone mentre cercava di difendere un amico. Fortunatamente le conseguenze non sono gravi, Niccolò si sta riprendendo, un miracolo viste le 11 coltellate inferte».

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