Salvini da Pontida lancia la super Lega: “Libereremo i popoli europei dalle élite”

alberto mattioli
inviato a pontida (bergamo)

Che strana Pontida. La Lega di governo sembra ancora quella di lotta, anche perché sulla tenuta del Conte I nessuno sembra avere troppa fiducia. Matteo Salvini parla come se fosse ancora sotto elezioni, invece di averle abbondantemente vinte. È anche la prima Pontida a memoria di leghista senza Umberto Bossi e Roberto Maroni, ormai archiviati entrambi a padri nobili ma remoti e come tali omaggiati dal segretario attuale, nonché vicepremier, ministro dell’Interno, anima del governo e spauracchio dell’Europa intera.

Certo, nel caldissimo pratone si festeggia la vittoria. Allora i tempi si dilatano, perché la lista di capigruppo, governatori e ministri da far comiziare non è mai stata così lunga. E la folla è imponente, anche se la stima di 75 mila partecipanti sembra ottimista: bisognerebbe sentire la Questura, che però attualmente è Salvini. Si riduce un po’ il folklore: gli slogan da maglietta che vanno più forte sono «La pacchia è strafinita» e «#chiudiamoiporti», mentre è da intenditori la testata del nuovo giornale di Borghezio, «Idee per l’Europa dei popoli». Di sicuro, nessuno un tempo si sarebbe mai immaginato di veder arringare gli ex nordisti il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, e quello del Molise, Donato Toma, che però commette l’errore di elogiare Berlusconi e viene in pratica messo a tacere dai fischi.

Il discorso del Capitano  

L’ora più calda è l’una, perché attacca Salvini mentre giù nel pratone qualche anziano inizia a svenire, emozione o più probabilmente i 40 gradi.

Il discorso del Capitano (e giù cori: «C’è solo un capitano, un capitaaano!») segna molte new entry nella bibliotechina leghista, con citazioni da Walt Disney, Simone Veil, Rosario Livatino e Adriano Olivetti. Non pervenuto, perché mai citato, il premier Conte. Novità politiche, però, poche. Sulle promesse, repetita iuvant: la prima è ovviamente di abolire la Fornero (ma non doveva essere all’ordine del giorno del primo Consiglio dei ministri?). E poi ovviamente i migranti, «siamo al terzo barcone che non arriva in Italia», ma per rispondere indirettamente alle critiche di chi fa notare che un ministro dell’Interno dovrebbe occuparsi anche d’altro, Salvini insiste sulla guerra senza quartiere alle mafie, sulla cancellazione degli sconti di pena per assassini e stupratori e anche su pene più severe per chi maltratta gli animali. Folla che piange se Salvini ricorda i cari estinti abbracciando la mamma di Buonanno in lacrime e che esplode quando il Capitano annuncia una Lega delle Leghe per prendersi Bruxelles. «Le europee dell’anno prossimo saranno un referendum fra l’Europa delle élite, delle banche, della finanza, dell’immigrazione e del precariato, e l’Europa dei popoli e del lavoro», afferma Salvini ribadendo che il progetto di una «alleanza internazionale dei populisti che per me è un complimento». Poi fa la lista dei «rosiconi» (i soliti, da Saviano in giù) e promette: «Governeremo trent’anni».

 

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Già, ma con chi? Sui grillini, Salvini è rassicurante: «Cercano di farci litigare con i nostri compagni di viaggio, ma non ci riusciranno. I dirigenti e i ministri del M5S sono onesti, coerenti e con la voglia di cambiare (applausi). Certo, se i porti si chiudono o si aprono lo decide il ministro dell’Interno (ovazioni)». Ogni riferimento a Fico è puramente voluto, ma a stretto giro di agenzie arriva subito la risposta di Toninelli, «le prerogative sono congiunte con il ministero dei Trasporti».

I dissidi con i grillini  

È solo uno dei tanti attriti con i soci del contratto. Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia non arcobaleno, spiega che il suo collega Spadafora può andare a tutti i pride che vuole, «ma a titolo personale. Se ci va a nome del governo, lo dica prima, perché sarebbe un problema». Poi c’è la grana delle infrastrutture. Il governatore del Veneto, Luca Zaia (per inciso il più applaudito dopo Salvini, ma si sa, dove c’è Zaia c’è gioia), al solo ipotizzare che si possa discutere la sua Pedemontana inizia, letteralmente, a dare i numeri: «Sono 94,5 chilometri, 16 caselli, attraversa 34 comuni, costa due miliardi e 258 milioni ed è quasi pronta. Fra qualche mese inauguro il primo tratto e a settembre 2020 la apro tutta. Voglio vedere chi la blocca». Alessandro Morelli, neodeputato e presidente della Commissione Trasporti, chiosa con ironica cortesia: «La linea dei grillini sulle principali infrastrutture non è molto chiara. Sarebbe interessante cominciare a ragionarci».

 

I militanti: “Il governo cadrà”  

Scendendo nella gerarchia, insomma dal palco al prato, si scopre che il popolo leghista non la pensa diversamente: «Bene Di Maio, gli altri meno, Fico non ne parliamo. Salvini aspetterà il loro primo passo falso, farà cadere il governo e vincerà le elezioni con il centrodestra»: è sicurissima Antonietta, 70 anni, casalinga, di Potenza ma trapiantata a Varese e «leghista da sempre». «I grillini non mi piacciono. Troppe proposte irrealizzabili», dice Stefania, 20 anni, pizzaiola di Montecosaro, provincia di Macerata.

Insomma, il governo certamente c’è. Che duri, chissà. Commenta il saggio Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in t-shirt con scritta «Pontida 1167» (quel che si dice prenderla larga): «Il governo durerà ma ci saranno delle evoluzioni. Certo, se in Europa non si aprono spazi sui conti e sull’immigrazione sarà difficile fare qualcosa…».

LA STAMPA

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