Mattarella non è Re Giorgio: porte aperte
Roma Dunque l’uomo del Colle ha detto sì: domani a mezzogiorno Matteo Salvini salirà al Quirinale, parlerà con quello che ha definito «il mio presidente» e cercherà una sorta di protezione istituzionale, dopo la sentenza della Cassazione sui 49 milioni di rimborsi pubblici che rischia di mettere in ginocchio la Lega, segandone l’attività.
Ma se l’udienza è concessa, perché non si può certo rifiutare un incontro con il ministro dell’Interno, l’argomento no. «Sono ovviamente escluse dall’oggetto del colloquio – si legge nella nota fatta diffondere da Mattarella – valutazioni o considerazioni su decisioni della magistratura». Il perimetro dell’incontro è quindi limitato, circoscritto all’attualità politica. Il capo dello Stato non può e non vuole interferire nelle scelte di un potere autonomo. Tanto più che non si tratta di una delle tante inchiestucce di un pm politicizzato ma di un verdetto della Suprema corte.
Comunque sia Salvini ha ottenuto quello che voleva, e cioè l’ascolto presso la massima istituzione repubblicana. «Lunedì alle 12 incontrerò Mattarella – scrive su Twitter – Avrò il piacere di spiegargli le tante cose fatte nel mio primo mese da ministro per mantenere le promesse, difendere i confini, proteggere gli italiani e riportare ordine, rispetto e tranquillità». Un faccia a faccia inseguito da martedì scorso, quando il capo della Lega ha parlato di «sentenza politica», e rilanciato il giorno dopo quando ha denunciato un «attacco alla democrazia» per «mettere fuori gioco il primo partito italiano». Cose del genere «non accadono nemmeno in Turchia». Ore di grande tensione, polemiche dure, attacchi del Pd e dell’Anm contro il ministro, aria di scontro imminente con Mattarella. Poi l’incidente non è scoppiato, i toni si sono abbassati, il dentifricio, pare, è rientrato nel tubetto.
A favorire la strategia della decantazione scelta dal Colle, il fatto che il presidente si trovasse in visita di Stato nelle repubbliche baltiche e che prima del week end non fosse fisicamente disponibile. L’appuntamento «urgente« era perciò irrealizzabile. Nel frattempo il ministro dell’Interno ha precisato i contorni della sua iniziativa. Ha detto che il 99 per cento dei magistrati lavorano secondo coscienza, che non intendeva contestare un verdetto, ma che si poneva il problema reale di «agibilità politica». Pretendere la confisca di 49 milioni significa nei fatti impedire alla Lega di pagare stipendi, organizzare comizi, forse pure partecipare alle europee.
Ma il via libera è scattato solo venerdì sera, quando Salvini ha cambiato i termini della sua richiesta. «Cosa c’è di strano se, rispettosamente, domando di vedere il mio presidente? Intendo parlargli delle cose belle che stiamo facendo come ministero». Certo, anche parlare di immigrazione può provocare problemi, tra i due le posizioni sul tema sono assai distanti e pure a Tallin Mattarella ha attaccato i sovranisti: «Gli arrivi in Italia sono diminuiti dell’85 per cento, i governi decidano senza emotività». Però è un argomento legittimo.
E se invece Salvini chiederà davvero un intervento, uno scudo, che farà il presidente? Ascolterà e basta?
IL GIORNALE