Lavorare all’estero? Il sì di tre under 30 su quattro

Tre giovani under 30 su quattro lascerebbero l’Italia per cercare un lavoro all’estero. E tra le principali ragioni che li spingono fuori dal nostro Paese ci sono migliori opportunità di carriera, l’allargamento degli orizzonti personali, l’arricchimento del curriculum, la conoscenza di una cultura diversa e il miglioramento degli standard di vita. E’ quanto emerge dal report «Decoding Global Talent 2018» di Boston Consulting Group, un’indagine su dipendenti e persone in cerca di lavoro realizzata intervistandone 360 mila in 197 Paesi. Requisiti essenziali sono invece un buon equilibrio vita-lavoro, un valido rapporto con i superiori, formazione e training e una relazione serena con i colleghi. Si può evincere dunque che lo stipendio non sia una priorità per gli italiani.

Nel resto d’Europa

Mentre a livello globale su tutte le fasce di età si riscontra, rispetto alla precedente edizione dello studio del 2014, che la propensione globale a muoversi è diminuita dal 64% al 57%. Questo perché si sono irrigidite le regolamentazioni nelle principali destinazioni, Regno Unito e Stati Uniti, ed è migliorata l’economia in Paesi i cui cittadini si muovevano precedentemente molto di più come quelli dell’Europa centrale e dell’Est. Inoltre i lavoratori hanno meno bisogno di muoversi anche grazie alla maggiore disponibilità di tecnologie che permettono ormai di connettersi da ogni angolo più remoto del mondo. Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Canada, Brasile e India si muovono comunque controcorrente registrando un incremento della mobilità (in uscita) del 10%.

Chi è più disponibile

C’è una distinzione per quanto riguarda le categorie che sono più o meno propense a muoversi: le donne lo sono meno (il 53% contro il 61% degli uomini) e il 67% dei talenti digitali risulta essere il più propenso a cambiare nazione. Quanto alle fasce d’età, il 61% dei ventenni è disposto a partire rispetto al 44% degli ultra-sessantenni; e alcune regioni (come l’Africa) sono molto più mobili della media.

I paesi preferiti

Cambia rispetto all’indagine del 2014 la classifica dei Paesi più gettonati per cercare un’occupazione: Stati Uniti ancora in testa e la Germania toglie il secondo posto alla Gran Bretagna (che passa al quinto posto probabilmente a causa della Brexit). In terza e quarta posizione il Canada e l’Australia. La Svizzera scende dal quinto all’ottavo posto a causa dell’inasprimento sulle quote d’immigrazione. Per quanto riguarda le città Londra continua a guidare il ranking, seguita da New York e Berlino. Abu Dhabi e Dubai diventano più attraenti e Hong Kong entra nella top 30. L’Italia rimane nella top ten dei Paesi preferiti dagli stranieri per il lavoro, nel dettaglio è la nona destinazione per i più istruiti e l’ottava per le donne. Per gli italiani, in linea con il trend globale, la propensione ad andare all’estero per lavorare è scesa dal 59% nel 2014 al 55% nel 2018(a parte il 75% degli under 30). Se le preferenze del mondo occidentale sono poi più concentrate sulle relazioni e sull’equilibrio, il mondo in via di sviluppo è più attento all’apprendimento e alla carriera, alcune regioni danno priorità alla retribuzione (come Russia e Ucraina), mentre diversi paesi asiatici cercano la sicurezza del posto di lavoro (come l’Indonesia).

Invertire la rotta

Ma quali sono le raccomandazioni per trattenere i talenti nel nostro Paese? Innanzitutto bisogna concentrarsi sulla continua riqualificazione e sull’employer branding. I lavoratori devono comunque dimostrarsi flessibili e disposti a cambiare ruoli(il 70% è pronto a riqualificarsi anche attraverso corsi online e metodi di autoapprendimento).

CORRIERE.IT

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