Ecco i numeri del flop Dignità. Draghi: «Per ora solo parole»

La metà dei contratti di lavoro in vigore che rischia di non essere rinnovata. Costo del lavoro e della burocrazia che sale di altri 100 milioni, a danno delle piccole aziende italiane.

Fatturato incerto per settori che rappresentano l’eccellenza dell’Italia: agroalimentare, turismo e anche calcio. Rischia di essere pesante il bilancio del decreto dignità, unico vero provvedimento del governo giallo verde.

Per il resto pesa ancora l’incertezza, come ha sottolineato ieri il presidente della Bce Mario Draghi a proposito di riforma delle pensioni e riduzione del debito. «Prima di pronunciare giudizi è necessario aspettare la prova dei fatti, per il momento ci sono solo proclami, che tra l’altro sono cambiati». Una sospensione di giudizio che sa sfiducia sui reali spazi di manovra del governo.

Il giudizio dei mercati e delle istituzioni europee sull’Italia, arriverà con la legge di Bilancio. Sul decreto dignità si sono espresse le associazioni di categoria. Tutte contrarie, tanto che i partiti si sono messi al lavoro per cambiarlo.

Tutti tranne il M5S di Luigi di Maio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo artefice del provvedimento che ieri ha anche difeso l’esclusione del ritorno dei voucher lavoro: «Se il tema deve essere introdotto per sfruttare di nuovo la gente, troverà un muro in cemento armato nel M5S».

La stretta sul lavoro, insomma, diventa un tema dirimente per governo e maggioranza. Per aziende e lavoratori non è una buona notizia. La mannaia del decreto sui rapporti di lavoro a tempo (durata massima 24 mesi, causali, massimo di 4 proroghe, rincaro dei contributi dello 0,5% per ogni rinnovo) colpirà la metà dei contratti a termine oggi in vigore.

Uno su due, infatti, scadrà entro l’anno e rischia di non essere rinnovato. In tutto sono 1,6 milioni (stima di Datagiovani e del quotidiano confindustriale Il Sole24ore) ai quali vanno sottratti quelli della pubblica amministrazione. La stretta sul precariato, infatti, non riguarda il mezzo milioni di precari di Stato.

Il costo per le imprese è di circa 100 milioni di euro in più all’anno, ha stimato Confesercenti. Circa 50 milioni già da quest’anno, in burocrazia e rincaro dei contributi.

I settori più esposti sono industria e costruzioni (228 mila contratti a rischio), commercio e agricoltura (170 mila).

L’identikit dei lavoratori a rischio è: giovane (il 47% dei lavoratori a tempo in scadenza ha meno di 35 anni, il 25% ha più di 45 anni), donna (52,1%) e del Nord (49,4%).

Se si considerano tutti i contratti a termine, non solo quelli in scadenza, si capisce che ci saranno problemi per il turismo, dove 8 contratti su 10 sono a tempo determinato (dati Unioncamere/Excelsior).

Non c’è solo la stretta sul lavoro a fare traballare le aziende. Lo stop alla pubblicità delle scommesse rischia di sottrarre gettito fiscale per una cifra tra 8,5 e 10 miliardi all’anno (dati di osservatorio Giochi Eurispes). Colpito anche il calcio, visto che 12 squadre sulle 20 della serie A hanno sottoscritto nella passata stagione contratti con le società di scommesse.

Anche per questo decreto c’è anche il costo delle cose non fatte. La mancata reintroduzione dei voucher lavoro (il buono per pagare i lavoratori saltuari cancellato dopo un pressing della Cgil nei confronti del governo Gentiloni), prevista dal contratto di governo M5S/Lega, penalizzerà le famiglie, turismo, commercio. Poi l’agricoltura, dove la loro assenza ha già fatto perdere 25 mila posti. Se un emendamento riuscirà a resuscitare i bonus, la perdita di lavoro causata dal decreto dignità potrà essere tamponata. Ma Di Maio è pronto a fare muro.

IL GIORNALE

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