Migranti, gli interrogatori a bordo e il blitz dei magistrati per non farsi imporre la decisione sugli arresti

Hanno rallentato la corsa della nave Diciotti con i 67 migranti della rivolta al centro del Mediterraneo per accelerare l’inchiesta sul dirottamento del rimorchiatore che, dopo averli salvati, puntava verso la Libia. Un’inchiesta della Procura di Trapani che sarà ufficialmente formalizzata solo oggi. Ancora contro ignoti. Con l’obiettivo di dare nomi e cognomi ai rivoltosi. Come hanno provato a fare gli uomini della squadra mobile già ieri, in alto mare. Ragione del rinvio a stamane dell’arrivo previsto per ieri sera. Due i gruppi di squadre di poliziotti lanciati nel pomeriggio sulle due imbarcazioni di questo complesso caso per raccogliere testimonianze dirette. Per interrogare soprattutto un ghanese e un sudanese. E verbalizzare i racconti del comandante e dell’equipaggio della Vos Thalassa, il rimorchiatore italiano in balia di un vero ammutinamento.

Corsa contro il tempo

Dopo un tira e molla politico con il ministro Toninelli che aveva dato il via libera per l’attracco al porto di Trapani e il ministro Salvini determinato nel chiedere allo sbarco l’arresto dei rivoltosi, la nave della Guardia costiera ha ricevuto l’ordine di decelerare.

Per dare la possibilità al capo della squadra mobile di Trapani Fabrizio Mustaro di fare chiarezza entro la notte su chi si è reso responsabile di eventuali reati sulla Vos Thalassa da dove i migranti tre giorni fa sono stati trasbordati sulla Diciotti. Decisioni prese durante continue riunioni con il questore Maurizio Agricola in contatto con il procuratore della Repubblica Alfredo Morvillo. Improvvisa la scelta di trasferire alcuni investigatori a bordo della nave diretta a Trapani e di ascoltare in serata comandante e uomini del rimorchiatore che fa base nel Mediterraneo, attorno a una piattaforma petrolifera francese. Una corsa contro il tempo. Un volo immediato per Mustaro e due suoi uomini verso Lampedusa. Poi subito a bordo di una motovedetta con i motori al massimo per raggiungere la piattaforma.

«Aspettiamo che l’inchiesta si radichi a Trapani»

Il resto si capirà stamane quando i funzionari avranno raccolto eventuali prove contro i capi della rivolta. Solo allora il procuratore Morvillo deciderà se fare scattare uno o più ordini d’arresto al momento dello sbarco. Come dire che, al di là degli auspici del ministro Salvini («in carcere, non in albergo»), la magistratura non cede su competenze che nemmeno l’emergenza migranti può insidiare. Forse è anche questo un modo per arginare polemiche innestate ieri da un acido confronto a distanza tra Salvini e Roberto Saviano, lo scrittore convinto che questa volta a essere totalmente bypassata sia la magistratura. Resta la manovra che ha determinato il ritardo dell’attracco della Diciotti e rapidi accertamenti sia sulla Vos Thalassa sia fra i rivoltosi della Diciotti. «Siamo decisi a ricostruire gli aspetti penalmente rivelanti quando l’inchiesta si radicherà a Trapani, ma solo dopo l’attracco», si faceva notare nei corridoi del palazzo di giustizia dove domina la materia migranti. Anche con la contemporanea emissione di venti avvisi di garanzia notificati ieri ad alcuni membri degli equipaggi della nave Iuventa, delle Ong Jugend Rettet, Vos Hestia e Save the Children, oltre a personale di Medici senza frontiere, tutti sospettati del reato di immigrazione clandestina. Ma proprio la Procura sottolinea che «si tratta di un passo dovuto per potere procedere a ‘atti irripetibili’ come il controllo di alcuni computer e di numerosi telefonini». Un’inchiesta che risale all’agosto del 2017 quando fu sequestrata la Iuventa, la nave tedesca ancora oggi ferma al porto di Trapani.

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