Francobolli in lire per risparmiare: ecco il trucco (legale) dei commercianti
La Lira non muore mai. Era il 6 dicembre 2011 quando il governo Monti decise, unilateralmente, la cessazione della validità della vecchia moneta, scatenando anche un bel putiferio di contestazioni da parte di chi, dopo quella data, scoprì di avere ancora un bel gruzzolo che non poteva più essere cambiato. Però la tradizionale valuta, coriacea e ostinata, resiste ancora. Ha ancora una sua circolazione, per quanto di nicchia, e non ha mai perso valore legale. È il mondo delle poste, delle affrancature, dei pacchi spediti e soprattutto dei «pieghi di libri», la formula più tradizionale con la quale si inviano tomi e volumi. L’occasione per scoprirlo è l’arrivo di una busta voluminosa dopo un ordine online, regolarmente consegnata all’inizio della settimana. Ci sono tagliandi da 600 lire dedicati ai cani, primo tra tutti un bel pastore tedesco, un’emissione commemorativa dedicata a Grazia Deledda da 50 lire, un’altra dello stesso valore per Arrigo Boito. Ancora 600 lire per Giuseppe Gioachino Belli e la Sagra musicale malatestiana di Rimini.
Tutto regolare? Sì e a togliere ogni dubbio è la risposta ricevuta da Poste Italiane dopo la nostra richiesta: «È ancora possibile affrancare lettere o pacchi con francobolli il cui valore sia espresso in lire. Ovviamente il valore dell’affrancatura deve corrispondere a quello della tariffa in corso per le diverse spedizioni. Questo perché tutti i francobolli stampati dopo il 1967 possiedono ancora valore legale e non sono “scaduti”». Perché proprio il 1967? «Prima di quell’anno le affrancature recavano anche la data di scadenza della validità e quindi oggi non potrebbero più essere utilizzati francobolli emessi prima di quella data».
E dire che dopo l’ingresso in vigore dell’euro nel 2002 proprio intorno ai valori bollati si scatenò una battaglia di interpretazioni e ci fu bisogno di una delibera del Comitato euro del ministero dell’Economia per chiarire una volta di più la questione: «Si ritiene che i valori bollati con valore facciale espresso solo in lire mantengano la propria validità anche dopo il 1° Gennaio 2002 a tempo indeterminato e possano essere utilizzati fino ad esaurimento delle scorte». Concetto ancora ribadito poche righe sotto: «A tempo indeterminato».
Leggendo alcuni forum dedicati, si comprende come si sia sviluppato nel tempo anche una sorta di mercato “nero” (ma non illecito) di vecchi francobolli in lire. «Li compro al 40-50 per cento sotto il facciale ed è un bel risparmio», rivela un utente. Un altro aggiunge: «Tutti noi venditori affranchiamo con francobolli in lire, per il semplice fatto che si possono acquistare sul mercato con forti sconti rispetto al facciale».
È vietato, è illegale? Dalla risposta delle Poste si deduce di no: «Quanto a reperirli, è possibile che qualche ufficio postale o qualche tabaccaio abbia ancora una scorta di francobolli in lire e può venderli su espressa richiesta del cliente».
La realtà è però più sfaccettata. «La verità – racconta Sergio Mendikovic, presidente dell’Associazione salernitana di filatelia, che a questo tema specifico ha dedicato una serie di interventi sul sito specializzato “Il Postalista” – nel periodo di passaggio tra la lira e l’euro c’è chi ha fatto incetta dei francobolli nella vecchia valuta. Li chiamavamo i “fogliaroli”, perché acquistavano i fogli interi da cui poi venivano staccati i singoli bolli con la dentellatura». C’era, probabilmente, la speranza di concludere un affare, che quei francobolli avrebbero acquisito nel tempo un valore collezionistico in maniera da poterli rivendere a un prezzo maggiore. È andata al contrario e chi se n’è trovato una grossa quantità per le mani ha deciso di liberarsene a un prezzo inferiore pur di rientrare almeno in parte dell’investimento iniziale. Ma quanti pezzi con il prezzo stampigliato in lire sono ancora in circolazione? «È praticamente impossibile dirlo perché non si può sapere quanti ne sono stati utilizzati negli anni – prosegue Mendikovic – ma ricordiamo che si trattava di tirature molto, molto alte, dai settecentomila al milione di pezzi per ogni esemplare. Non stupisce che se ne trovino ancora in giro».
Attenzione, però: non proprio tutti quelli stampati dopo il 1967 sono ancora validi. Esiste una sorta di black list per alcuni esemplari che sono stati bloccati già all’epoca perché bersagli della falsificazione. L’amministrazione postale, con la sua divisione filatelica, ha decretato lo stop per alcuni esemplari: tutti quelli della serie «Italia Turrita», la posta aerea «Democratica», gli espressi da 75, 250 e 300 lire e qualche altra tiratura. Tutti gli altri valgono ancora. Rigorosamente in lire.
LA STAMPA