Boeri attacca il governo: ottimistiche le stime sulla perdita dei posti di lavoro
Nessun passo indietro. Anzi. Il presidente dell’Inps Tito Boeri, ascoltato dalla Camera sul caso politico esploso a proposito della Relazione tecnica del «decreto dignità», ha difeso puntigliosamente le sue stime sulla perdita di posti di lavoro, che ha definito «addirittura ottimistiche». Ha ribadito di essere pronto ad andarsene dall’Inps, se glielo chiederanno nella forma giusta. E infine, l’economista ha attaccato in modo furibondo i due vicepremier. Matteo Salvini? «Mi minaccia chi dovrebbe tutelare la mia sicurezza». Luigi Di Maio? Primo, neanche ha sfogliato la relazione tecnica. Secondo, «ha perso contatto con la crosta terrestre». In serata, è arrivata la replica del premier Giuseppe Conte, che ha fatto sapere di considerare le parole di Boeri su Di Maio «inaccettabili e fuori luogo», facendo filtrare la sua «forte irritazione».
Anche Di Maio ha risposto in serata: «La verità è che oggi Boeri si è seduto sui banchi dell’opposizione. Non è la prima volta, speriamo sia l’ultima». Sulla carta Tito Boeri decadrà dalla presidenza dell’istituto di previdenza pubblica a febbraio prossimo. Ma dopo la presa di posizione del presidente del Consiglio forse dovrebbe dimettersi. A meno di voler davvero farsi ricevere – e cacciare – da Conte in persona.
Ieri, comunque, di fronte ai deputati, l’economista milanese ha ricostruito come sono nate e come sono finite nella Relazione tecnica le stime Inps, che prevedono la perdita di 8mila posti di lavoro l’anno causati dalla stretta sui contratti a termine. Il 2 luglio, ha detto, «il ministero del Lavoro ha inviato la richiesta di stima della platea di lavoratori coinvolti» dai provvedimenti, «per stimare il minor gettito contributivo dai lavoratori a termine». Anche se non è proprio la stessa cosa, per Boeri in questa richiesta «si riconosceva che ci sarebbe stata una riduzione dei lavoratori del tempo determinato». In ogni caso i calcoli dell’Inps erano nero su bianco e girati al governo già il 6 luglio. Ma – con un chiaro messaggio a Di Maio – «bisogna almeno sfogliarla, la relazione, per capirne i contenuti».
Nel merito, rispondendo indirettamente al ministro dell’Economia Giovanni Tria, Boeri ha spiegato che la perdita occupazionale è inevitabile, perché «vi sono ampie ragioni, sia teoriche che empiriche, per ritenere che il provvedimento possa avere, almeno inizialmente un impatto negativo sull’occupazione». Un impatto quantificato in 8.000 unità l’anno, con stime che anzi «possono apparire ottimistiche, se si tiene conto che ai lavori in somministrazione vengono estese tutte le restrizioni stabilite dal decreto per i contratti a tempo determinato».
E poi, gli attacchi durissimi a Salvini e Di Maio. «Se nelle sedi istituzionali opportune mi venisse chiesto di lasciare il mio incarico anticipatamente perché ritenuto inadeguato a ricoprirlo – ha detto Boeri – ne trarrei immediatamente le conseguenze. Ciò che non posso neanche prendere in considerazione sono le richieste di dimissioni on line e le minacce da parte di chi dovrebbe presiedere alla mia sicurezza personale». Quanto a Di Maio, premesso che «io personalmente non sono affatto contrario allo spirito del provvedimento che viene qui discusso, cosa che non mi esime dal fare i conti con la realtà», per il presidente Inps «affermare che le relazioni tecniche esprimono un giudizio politico, come ha fatto il ministro Di Maio, significa perdere sempre più contatto con la crosta terrestre, mettersi in orbite lontane dal nostro pianeta».
La viceministro all’Economia M5S Laura Castelli usa l’ironia: quelli di Boeri sono «numeri fantasiosi», di cui si farà «uso prezioso». Contrattacca via Twitter il vicepremier Matteo Salvini: «Minacce a Boeri? Ma quando mai. Il presidente super-attaccato alla poltrona dimostra ancora una volta grande fantasia. Se vuole fare politica con la sinistra che l’ha nominato si candidi». Parole che fanno paura, dice l’ex premier Paolo Gentiloni. Intanto il decreto dignità ha iniziato il suo cammino alla Camera sotto una pioggia di oltre mille emendamenti presentati dai gruppi nelle commissioni Finanze e Lavoro. Il provvedimento arriverà in aula il 26 luglio.
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