Mattarella frena le nomine ai dilettanti
«Alla fine tra noi e il M5s un punto di mediazione si trova sempre. Il problema, però, è che questa trattativa non è a due come dovrebbe essere.
Ma è a tre. E a complicare le cose c’è il fatto che Tria parla a nome di qualcuno più in alto di lui». Se perfino uno come Giancarlo Giorgetti finisce per perdere la pazienza, significa che davvero la partita delle nomine si è andata ingarbugliando ben oltre il previsto. Al punto che nelle sue conversazioni private il sottosegretario alla presidenza del Consiglio non esita a puntare il dito non solo contro il ministro dell’Economia, ma anche contro i suoi «interlocutori». Primo fra tutti, questa è la convinzione di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il Quirinale. Insomma, dietro il duro braccio di ferro tra i due vicepremier e Tria sulla nomina dei vertici della Cassa depositi e prestiti ci sarebbero le forti perplessità manifestate dal Colle su buona parte dei nomi sponsorizzati dalla Lega e dai Cinque stelle. Dubbi che il titolare dell’Economia condivide a pieno e che non ha esitato a fare suoi. Di qui lo stop and go di ieri sul vertice di Palazzo Chigi – prima convocato da Giuseppe Conte e poi rinviato a tempi migliori – e il successivo stallo che con il passare delle ore sembra tramutarsi in vero e proprio caos. Al punto che Salvini e Di Maio arrivano ad augurarsi che il ministro dell’Economia faccia «un passo indietro». «Se non condivide l’azione del governo – è il senso del messaggio recapitato a via XX Settembre dai due vicepremier – il ministro può sempre dimettersi».
La partita di Cassa depositi e prestiti, d’altra parte, è centrale. Soprattutto in vista delle difficili scelte che il governo gialloverde dovrà fare al rientro dalla pausa estiva. Quando, davanti all’ineluttabilità dei numeri, Salvini e Di Maio saranno costretti a sacrificare buona parte delle loro promesse elettorali sull’altare dei vincoli che imporrà la legge di bilancio. A quel punto, con la flat tax e il reddito di cittadinanza destinati a finire nel surgelatore, il tesoretto di Cdp può essere determinante per avere margini di movimento nel finanziare questo o quel progetto. Ecco perché Lega e M5s stanno facendo di tutto affinché alla guida della holding controllata dal Tesoro finisca qualcuno che sia di provata fiducia e continuano a dire «no» alla nomina di Dario Scannapieco, vicepresidente della Banca europea degli investimenti, molto apprezzato da Mario Draghi. Ed ecco perché dal Colle si monitora con estrema attenzione quella che è considerata la madre di tutte le nomine. Non è un mistero, d’altra parte, che Sergio Mattarella sia preoccupato per la tenuta dei conti e che guardi con diffidenza a provvedimenti approvati sull’onda della propaganda, magari sottovalutandone i contraccolpi sulle casse dello Stato. Ecco perché il Colle ha frenato sui nomi proposti negli ultimi giorni da Lega e M5s per le poltrone di amministratore delegato e direttore generale di Cdp. Perché, è il senso del ragionamento che si fa al Quirinale, la holding del tesoro è di fatto una sorta di banca di Stato che raccoglie il risparmio postale italiano e garantisce le medie e grandi imprese. Insomma, è il cuore del sistema economico del Paese.
IL GIORNALE
This entry was posted on venerdì, Luglio 20th, 2018 at 08:25 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.