Il grande assalto al buffet di Stato che imbarazza M5s
Siamo alla grande abbuffata, talmente grande da far sembrare uno spuntino quelle della prima e seconda repubblica.
Il nuovo che avanza è più affamato e famelico di chi lo ha preceduto nella lottizzazione e nello sperpero di risorse pubbliche del paese. Di Maio è bulimico di poltrone e Salvini, non volendo rischiare di trovarsi con il frigorifero vuoto, marca a vista il socio rivale. Un vero spettacolo, sembra l’assalto al buffet dei parenti invitati alla cresima del figlio: bocca piena e mani unte, con cibarie che spuntano anche dalle tasche perché non si sa mai, magari a casa hai ancora un languorino allo stomaco da soddisfare. Il tutto, ovviamente, con la faccia seria di colui al quale queste cose schifano, come dire: siamo qui per fare festa, non per mangiare.
Prendiamo la Rai, da sempre madre di tutte le lottizzazioni che Cinquestelle e Lega avevano giurato di volere stroncare. In teoria il rinnovo dei vertici dovrebbe funzionare così: il ministro dell’Economia, principale azionista (in questo caso Tria), di intesa con il presidente del Consiglio nomina il direttore generale che a sua volta, insieme ai consiglieri di amministrazione e in assoluta autonomia, sceglie i direttori di rete e dei telegiornali in base a criteri di competenza e capacità. Questo in teoria. Vediamo la pratica. Da giorni Di Maio, per lo più nottetempo e senza alcun titolo, riceve una pletora di candidati amici e simpatizzanti per valutare il loro grado di affidabilità politica. I requisiti? La fedeltà assoluta, càpiti quel che càpiti. Nelle prossime ore i due – Di Maio e Salvini – si vedranno per scambiarsi le figurine: questo a me e questo a te, sapendo che il direttore generale vale due direttori di rete e che per avere il direttore del Tg1 devi cedere almeno due caselle. Alla fine del gioco andranno da Conte e da Tria a dirgli cosa fare, senza che questi possano ovviamente eccepire alcunché, marionette in mano ai loro burattinai.
Va tutto bene, siamo uomini di mondo. È chiaro che funziona così. Ma allora perché giurare e promettere che può funzionare diversamente? Perché nelle stesse ore in cui banchettate pensate di potere distrarre l’opinione pubblica con l’annuncio della vendita «dell’aereo di Renzi», per strappare l’applauso, ben sapendo che quell’aereo sciagurato (il caso lo sollevammo noi del Giornale) non può essere venduto perché non è vostro ma è un leasing che va, purtroppo, comunque pagato anche se lo disdettate? Ve lo dico io. Fate tutto questo perché pensate che siamo dei fessi. Ma non è così, e avanti di questo passo ve ne accorgerete.
IL GIORNALE