La curva statistica che sbugiarda i grillini Gli assegni più alti sono i più “equi”

Roma C’è un piccolo problema con il taglio delle pensioni d’oro. Il vicepremier Luigi Di Maio ha confermato di volere «eliminare tutte le pensioni d’oro al di sopra dei 4mila euro netti per tutti coloro che non hanno versato i contributi».

Ma il piano del governo rischia di fare esattamente il contrario. Decurtando le rendite sopra la soglia scelta come spartiacque del privilegio, il governo finirà per penalizzare proprio chi ha versato più contributi. O meglio, chi percepisce una pensione che già oggi corrisponde a quanti contributi. La stragrande maggioranza delle pensioni in essere, ha spiegato giorni fa al Giornale Giuliano Cazzola, è calcolata con il sistema retributivo. Cioè sono calcolate sulle ultime retribuzioni da lavoratore del pensionato. Vero che esiste uno squilibrio. Cioè una differenza tra quanto versato e quanto percepito. Nel complesso sono circa sei miliardi all’anno dei quali si fa carico lo Stato. Ma è anche vero che gli squilibri maggiori si concentrano sugli importi medi, cioè sulle pensioni fino a 4.000 euro lordi. Per quelle superiori lo squilibrio si attenua fino a scomparire del tutto per le pensioni più pesanti.

In uno studio di Fabrizio e Stefano Patriarca sugli squilibri del sistema previdenziale pubblicato su Lavoce.info si fa notare quanto per le pensioni superiori a 44 mila euro annui bisogna tenere conto dell’effetto di riduzione dello squilibrio causato dal «tetto» sull’aliquota di rendimento che attenua il valore delle pensioni retributive più alte. A partire dai 5 mila euro lordi al mese, insomma, la differenza tra pensione retributiva teorica e contributiva (la base di ogni iniziativa che mira a sforbiciare le pensioni d’oro) si riduce fino a quasi azzerarsi per le super rendite da 10 mila euro lorde al mese.

Il fatto è che Di Maio non è stato il primo a pensare di riportare un po’ di equità nel sistema previdenziale. Nelle pensioni retributive, spiega Cazzola, «vige il plafond dei 40 anni di attività e che i rendimenti sono in misura del 2% annuo fino a una retribuzione di 45 mila euro lordi, al di sopra della qual il rendimento decresce progressivamente fino allo 0,90%». In sostanza le pensioni d’oro sono già contributive. Comunque molto più di quelle più basse.

In sostanza, se il piano del governo è veramente quello di fare diventare contributive anche le pensioni retributive in essere, con il limite dei 4.000 euro si dovrà limitare a briciole. Altro discorso se alla fine i progetti del governo dovessero non ricalcare le proposte di legge arrivate dai parlamentari della maggioranza e stabilire che le pensioni più alte devono pagare un contributo di solidarietà, non legato ai contributi versati. In quel caso le pensioni più alte potranno essere tagliate. Con un unico problema. Se dovesse succedere, si sottrarranno ai pensionati soldi che hanno versato. Nulla a che vedere con l’equità.

IL GIORNALE

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