Italia in Orba(n)ce

Lucia Annunziata Direttore, Huffpost

Salvini ha quasi portato l’Italia fuori dallo spazio europeo, ed è pronto ora a spostarla verso quello del primo ministro ungherese Orban, cioè quel gruppo di paesi dell’Est riuniti sotto il nome di Visegrad che rappresentano al momento la più forte contestazione nazionalista e di destra all’Europa.

Un passaggio, questo, che non dobbiamo sottovalutare. Potremmo essere davvero sulla soglia di uno snodo decisivo da cui sarà difficile il ritorno e che avrà conseguenze, almeno sul piano economico, non dissimili dall’inizio di un conflitto.

Un conflitto che l’Italia ha scarso potere di vincere. Perché se è stato Salvini che questa guerra ha fortemente voluto e infine provocato con il caso Diciotti, la sconfitta diplomatica che l’Italia sconta, in queste ore, l’ha fortemente voluta e infine provocata anche l’Europa. A dimostrazione che il governo dell’Ue e le sue singole nazioni non se ne staranno con le mani in mano a farsi sfidare, tanto meno farsi prendere in giro, dal nuovo governo italiano.

Forse val la pena fare un passo indietro, perché capire come la piccola storia di una delle tanti navi soccorso sia diventata così grande da definire la politica nazionale, fa luce sul percorso stesso della nostra condizione di nazione.

La vicenda Diciotti, al centro della precipitazione degli eventi di queste ore, nasce, per l’appunto, come una storia minore della ormai lunga serie di conflitti intorno ai salvataggi dei migranti. E’ una nave della Guardia Costiera Italiana (dunque non c’entrano le tanto discusse Ong ), e a bordo ha 177 uomini e donne. Solo 177 va sottolineato – un numero esiguo rispetto alla marea di solo un anno fa o dei mesi scorsi. Salvini dice all’inizio che la Diciotti non dovrà arrivare in un porto italiano, che Malta deve prendersi la responsabilità – e fin qui nulla di nuovo, tutto già visto. La nave rimane al largo per giorni, al limite dei radar della nostra attenzione nazionale, spasmodicamente catalizzata da due enormi vicende italiane: il crollo del ponte di Genova, e il destino dell’Ilva, la maggiore acciaieria del paese e una delle maggiori d’Europa.

Cosa succede a un certo punto intorno alla Diciotti perché il caso divenga esplosivo?

Di nuovo c’è che intorno al destino dei migranti a bordo si forma stavolta un fronte molto diverso e molto più potente che nel passato.

Invece delle solite forze in campo – Pd, democratici vari, Ong, e Chiesa – questa volta premono a favore dello sbarco dei clandestini il Quirinale e il Presidente della Camera, il pentastellato Fico; scende in campo la magistratura che parla di aprire una inchiesta addirittura per sequestro di persona; e al lavoro con l’Europa per trovare una soluzione si mettono il premier Conte e il Ministro degli Esteri Moavero. Luigi Di Maio tace.

E’ un fronte istituzionale, il vero e proprio asse centrale del governo. Motivato non più e non solo da un discorso di valori, ma dai forti timori delle conseguenze di una ulteriore radicalizzazione del clima interno italiano.

Salvini, da solo, senza appoggio di nessuno se non dei suoi stessi facebook live (e la apparizione della figlia piccola che aiuta a formare la sua immagine ” di ministro, italiano e papà” come dira’ in tv) si mette di traverso: “Senza il mio consenso non sbarca nessuno”. Il suo no, stavolta è alla Magistratura, al Presidente della Camera, al premier del suo governo, e, non ultimo, al Quirinale.

Così Salvini porta la polemica dentro le istituzioni. Con l’entusiastico consenso di Luigi Di Maio che, infine, sconfessando Fico, si unisce a lui. C’e’ materiale per una crisi di governo, si sarebbe detto in altri tempi. Ma non e’ questo a cui pensavano i due vicepremier, come poi si e’ visto.

Non pensavano certo di bloccare Mattarella, Conte, Fico, Moavero e i magistrati. Ma di umiliarli, si. Di spingerli, con il loro mettersi di traverso, verso una sconfitta della linea diplomatica nel rapporto con l’Europa. Come e’ poi successo.

Un’Europa che in questa ultima vicenda sui migranti si è rivelata, in verità, di nuovo indifendibile. A parte i pochi gesti di solidarietà – fatti più che altro per compensare le durezze salviniane nei giorni della chiusura dei porti italiani- iI famoso impegno sulla ripartizione dei migranti illegali fra tutti i paesi europei e’ rimasto lettera morta.

Nel caso ultimo della Diciotti è successo di peggio. L’Europa in maniera speculare a Salvini ha scavato la sua trincea e non si è mossa. La riunione che doveva discutere di una soluzione per la distribuzione dei migranti della Diciotti, fin dall’inizio annunciata come non decisiva, ha preso toni duri, e ha rimandato all’Italia la pratica. Preceduta e accompagnata da una nuvola di commenti, tutti riassumibili in una frase “non decideremo nulla sotto minaccia”, con riferimento al ventilato rifiuto di non pagare la quota italiana per l’Europa.

Una risposta che travolge, come si diceva, la linea dialogante italiana. E afferma la vittoria di Salvini (e Di Maio) che voleva esattamente esporre a pubblico ludibrio la inutilità di ogni tentativo diplomatico. Come ripete in queste ore.

E’, come si vede, il percorso di una radicalizzazione ulteriore della politica dell’attuale governo. Che ci porta dritti dritti in nuovi scenari.

Il più importante dei quali è lo spostamento d’asse di alleanze che Salvini ora propone: martedì a Milano si incontrerà con Orban. Non è una scelta casuale. Per Salvini questa è la prima mossa per ricollocare l’Italia fuori dalla sua storica area di paese fondatore dell’Europa per metterlo nel gruppo e nell’area di influenza dei paesi nazionalisti/fascisti a forte carica antieuropea.

Il progetto salviniano si fa sempre più chiaro: cambiare area di alleanza significa per lui prepararsi anche più efficacemente allo scontro che inevitabilmente matura con l’ Europa. La prima battaglia sarà intorno alla finanziaria in autunno; e più sullo sfondo c’e’ la battaglia per far saltare l’Europa stessa – che, ricordiamoci, era considerato, nella prima versione del contratto di governo, come il primo obiettivo per poter rinegoziare le nuove condizioni economiche della ripresa dell’Italia. Il famoso piano sovranista, sì. Negato. Ma sempre più presente nelle maglie dell’azione di Salvini.

Grazie a questa azione, la Lega è, nella persona del suo Leader, ogni giorno di più la vera anima di questo governo. Luigi Di Maio, nonostante i suoi sforzi, ne rimane il partner minore. E la sconfitta della linea diplomatica, segnata oggi, spiana ulteriormente la strada ai disegni sovranisti.

Con un solo, ma rilevantissimo ostacolo, sul percorso. La reazione da Bruxelles oggi è il segnale che anche l’Europa ha deciso che non accetterà di stare a guardare mentre viene picconata da Matteo Salvini. E i Signori della Guerra in Europa vestono e mangiano come burocrati, ma hanno la stoffa dei guerrieri.

Forse chissà Matteo Salvini scoprirà di aver trovato in loro pane per i propri denti. Dopotutto il diavolo fa le pentole, ma, appunto, per i coperchi bisognerà vedere.

Peccato che di mezzo ci siano gli Italiani.

L’HUFFPOST

 

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