LEGGI – LE REAZIONISalvini riceve la notizia a Pinzolo, dove tiene un comizio. E in avvio del suo discorso contrattacca: “Possono arrestare me ma non la voglia di 60 milioni di italiani, indaghino chi vogliono. Abbiamo già dato abbastanza, è incredibile vivere in un paese dove dieci giorni fa è crollato un ponte sotto il quale sono morte 43 persone dove non c’è un indagato e indagano un ministro che salvaguarda la sicurezza di questo Paese. E’ una vergogna”.
Le contestazioni mosse al titolare del Viminale e al suo capo di gabinetto non possono essere più approfondite dalla magistratura ordinaria, ma devono essere oggetto di valutazione del tribunale competente per i reati commessi dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni. Ecco perchè la procura di Agrigento trasmette alla procura di Palermo “per il successivo inoltro” – così è scritto in un comunicato di Patronaggio – “al tribunale dei ministri della stessa città”. Una trasmissione “doverosa”, ribadisce la nota della magistratura.
Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio dopo l’ispezione sulla nave Diciotti, mercoledì pomeriggio
“Tale procedura – prosegue il comunicato – prevista ed imposta dalla legge costituzionale 16/1/89 n. 1, permetterà, con tutte le garanzie e le immunità previste dalla medesima legge, di sottoporre ad un giudice collegiale specializzato le condotte poste in essere dagli indagati nell’esercizio delle loro funzioni, uno dei quali appartenente ai qualificati soggetti indicati all’articolo 4 della norma costituzionale”. Il procuratore aggiunge: “Com’è noto, infine, ogni eventuale negativa valutazione delle condotte di cui sopra dovrà essere sottoposta alla autorizzazione della competente Camera dei deputati”.
La svolta nell’inchiesta è arrivata nel pomeriggio, dopo l’audizione al palazzo di giustizia di Roma del capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione, Gerarda Pantalone, e del suo vice Bruno Corda. Entrambi i prefetti sentiti come testimoni. Il procuratore Luigi Patronaggio e il sostituto Salvatore Vella hanno ricostruito la catena degli ordini arrivata sino al comandante di nave Diciotti. Ordiini comunicati a voce, nessuna disposizione scritta. E al termine delle audizioni, durate tre ore, è scattata l’iscrizione nel registro degli indagati di Matteo Salvini. Ma a quel punto era un atto dovuto trasmettere tutto il fascicolo al tribunale dei ministri.
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LEGGI – LE REAZIONISalvini riceve la notizia a Pinzolo, dove tiene un comizio. E in avvio del suo discorso contrattacca: “Possono arrestare me ma non la voglia di 60 milioni di italiani, indaghino chi vogliono. Abbiamo già dato abbastanza, è incredibile vivere in un paese dove dieci giorni fa è crollato un ponte sotto il quale sono morte 43 persone dove non c’è un indagato e indagano un ministro che salvaguarda la sicurezza di questo Paese. E’ una vergogna”.
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Nave Diciotti, il ministro senza legge
di CARLO BONINI
Le contestazioni mosse al titolare del Viminale e al suo capo di gabinetto non possono essere più approfondite dalla magistratura ordinaria, ma devono essere oggetto di valutazione del tribunale competente per i reati commessi dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni. Ecco perchè la procura di Agrigento trasmette alla procura di Palermo “per il successivo inoltro” – così è scritto in un comunicato di Patronaggio – “al tribunale dei ministri della stessa città”. Una trasmissione “doverosa”, ribadisce la nota della magistratura.
Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio dopo l’ispezione sulla nave Diciotti, mercoledì pomeriggio
“Tale procedura – prosegue il comunicato – prevista ed imposta dalla legge costituzionale 16/1/89 n. 1, permetterà, con tutte le garanzie e le immunità previste dalla medesima legge, di sottoporre ad un giudice collegiale specializzato le condotte poste in essere dagli indagati nell’esercizio delle loro funzioni, uno dei quali appartenente ai qualificati soggetti indicati all’articolo 4 della norma costituzionale”. Il procuratore aggiunge: “Com’è noto, infine, ogni eventuale negativa valutazione delle condotte di cui sopra dovrà essere sottoposta alla autorizzazione della competente Camera dei deputati”.
La svolta nell’inchiesta è arrivata nel pomeriggio, dopo l’audizione al palazzo di giustizia di Roma del capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione, Gerarda Pantalone, e del suo vice Bruno Corda. Entrambi i prefetti sentiti come testimoni. Il procuratore Luigi Patronaggio e il sostituto Salvatore Vella hanno ricostruito la catena degli ordini arrivata sino al comandante di nave Diciotti. Ordiini comunicati a voce, nessuna disposizione scritta. E al termine delle audizioni, durate tre ore, è scattata l’iscrizione nel registro degli indagati di Matteo Salvini. Ma a quel punto era un atto dovuto trasmettere tutto il fascicolo al tribunale dei ministri.