Tanto rumore per una nave e intanto sbarcano altri 277
La nave Diciotti è da dieci giorni un caso internazionale, il megafono del rigore anti immigrazione del nuovo governo.
Un’operazione di salvataggio trattata con un’intransigenza tale dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, sostenuto dall’altro vicepremier Luigi Di Maio, da far pensare che quell’imbarcazione ora bloccata sul molo di Catania fosse la sola, l’unica, magari l’ultima, carica di migranti diretti in Italia.
Invece nel silenzio generale e con i riflettori accesi su quei 177 salvati dalla Guardia costiera in acque maltesi, dal 15 agosto, secondo i dati del ministero dell’Interno aggiornati al 23, sono arrivati sulle nostre coste altri 277 migranti. Insomma, da quando la Diciotti ha salvato quel barcone in avaria nella zona Sar di Malta innescando una guerra con l’Europa sulla redistribuzione dei salvati, molti più naufraghi sono stati sbarcati nei porti italiani di Sicilia, Calabria, Puglia e Sardegna da motovedette della Guardia costiera.
Tutti sono arrivati a bordo di velieri e barchini fantasma, a piccoli gruppi, intercettati e portati in salvo senza clamore. Il 23 agosto per esempio, mentre la nave militare era già ferma al molo di Catania, 34 persone di nazionalità iraniana e irachena sono state trovate al largo di Santa Maria di Leuca, in Puglia. Erano a bordo di un veliero di dieci metri battente bandiera statunitense: i soccorsi della capitaneria sono scattati dopo un razzo partito dalla stessa imbarcazione.
A quelle stesse coordinate un mese fa altri 70 stranieri erano stati rintracciati a bordo di uno yacht guidato da presunti scafisti turchi, e poi sbarcati sulla terraferma.
Non solo. Mentre il 20 agosto la Diciotti attraccava in porto, altri 56 migranti venivano intercettati su un veliero incagliato sugli scogli sulle coste di Crotone: trasbordati su una motovedetta della Guardia Costiera sono stati portati in salvo in porto e presi in carico dalla rete di accoglienza. L’imbarcazione era guidata da due presunti scafisti di origine lettone, e sarebbe salpata dalle coste turche.
Le stesse da cui era partita anche un’altra nave che a inizio luglio aveva raggiunto sempre Crotone con altri 73 curdi e iracheni. Proprio il Paese a cui l’Europa versa 6 miliardi per gestire i rifugiati, è infatti sempre più spesso la base di partenza delle rotte alternative a quelle dalla Libia, considerate minori ma ormai sempre più battute dai trafficanti.
Come del resto quella dalla Tunisia alla Sicilia, tanto che i tunisini sono i primi nella classifica delle nazionalità dichiarate allo sbarco, e quella dall’Algeria alla Sardegna, che ha portato sull’isola 500 persone da inizio anno. Il 15 agosto, nell’isola sono approdati 25 algerini arrivati autonomamente su un barchino.
Il 16 agosto era toccato ancora al Salento: due imbarcazioni, un natante e un veliero, entrambe guidate da presunti scafisti georgiani erano state rintracciate dai mezzi della Finanza impegnati nella missione europea Themis di Frontex, contro i trafficanti. A bordo, stipati sotto coperta, in tutto c’erano 24 migranti, iracheni, iraniani e curdi, sbarcati al porto di Leuca.
Il tutto mentre il titolare del Viminale non arretra e rivendica come la linea dura abbia portato a un calo degli arrivi, ridotti complessivamente dell’81 per cento rispetto al 2017. Un crollo iniziato con gli accordi con la Libia dell’ex ministro Marco Minniti, e proseguito con il nuovo corso inaugurato da Salvini. I flussi però non si azzerano. Da giugno ad agosto sono arrivati 6.096 migranti. Erano stati 38mila nell’estate del 2017.
Anche quelli delle ultime due settimane sono numeri risibili rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: se allora sbarcarono 800 migranti, tra il 15 e il 23 agosto ne sono arrivati 277. Che si sommano ai 177, meno fortunati, della nave Diciotti.
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