È morto il coreografo Lindsay Kemp, maestro e ispiratore di David Bowie e Kate Bush

Sergio Trombetta
livorno

Era stato il regalo per gli 80 anni: due VHS abbandonate in un magazzino con la registrazione di “Flowers” , il suo spettacolo mito. Rimasterizzate erano state messe sul mercato rievocando così una età quasi perduta del teatro europeo. A pochi mesi di distanza a Livorno, dove abitava da tempo, Lindsay Kemp si è spento.

Personaggio unico e interprete della libertà artistica e di vita degli anni 70, amante della provocazione e dello scandalo, artista vero e sempre pronto a mettersi in gioco, aveva attraversato la fine del 900 con il gusto per lo sberleffo presentandosi in scena col il volto ricoperto di trucco bianco, gli occhi bistrati, il capo rasato e abiti femminili e fluttuanti che spesso richiamavano le eroine della danza contemporanea di inizio 900. Indomito, nonostante gli anni, stava lavorando a un laboratorio per una performance da presentare al teatro sociale di Como in autunno.

Nato in Inghilterra nel 1938, presto espulso dall’accademia navale, studi d’arte insieme al pittore David Hockney, studi di danza al Ballet Rambert, aveva trovato la sua strada al successo e al riconoscimento internazionale quando nel 1968 in uno scantinato, aveva preparato per il Festival di Edimburgo “Flowers”.

 

“Flowers” era un pastiche teatrale che coniugava musica e danza e aveva al centro il personaggio di Divine, un travestito che si prostituisce sulla scena dei bassifondi parigini negli Anni Trenta, dai modi elegantissimi che Kemp trasformò in una lunare principessa Salomè, un Onnagata del teatro giapponese, una presenza onirica in mezzo a marinai, delinquenti e travestiti.

Lo spettacolo, definito «a pantomime», una pantomima, ispirato al romanzo d’esordio di Jean Genet “Notre Dame des Fleurs”, sapeva mescolare mimo, cabaret, circo, happening, gioco, ironia e brutalità. Dettava la linea per un gusto e un genere teatrale che si sarebbe sviluppato nei decenni successivi.

 

Poi sono venuti tutti gli spettacoli di successo che lo hanno reso famoso. Prima di tutto una collaborazione con David Bowie per “Ziggy Stardust” e quindi “Mr Punch”, “Onnagata”, “Nijinsky”, il “Sogno di una notte di mezza estate”. E ancora riconoscimenti e impegni con importanti teatri. La sua maschera indimenticabile resta quella di un Pierrot dagli occhi velati di tristezza e il sorriso aperto a uno sberleffo.

LA STAMPA

 

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