La mossa “politica” dei vescovi L’atto di carità diventa rivalsa

La parola «fine» è stata impressa sulla vicenda della nave Diciotti. I 137 migranti, rimasti bloccati in porto a Catania per cinque giorni, sono sbarcati e hanno tutti trovato sistemazione grazie agli accordi fra il governo e la Chiesa e le offerte di Irlanda e Albania.

Eppure la questione ha avuto e avrà ancora delle conseguenze, sia politiche sia giudiziarie. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini è stato indagato dalla magistratura per sequestro di persona e arresto illegale, mentre continua a infuriare la polemica su come si è conclusa la vicenda. Eppure sono stati giorni di serrate trattative e di ultimatum a Bruxelles affinché l’Europa si muovesse. Alla fine, è stata determinante la collaborazione della Chiesa che ha aperto «le porte, il cuore e il portafoglio» e che accoglierà un centinaio di migranti. Gli altri, circa una quarantina, saranno divisi fra Irlanda e Albania. «Il governo albanese si è comportato meglio di quello francese», ha commentato Salvini, soddisfatto di aver vinto il braccio di ferro. Allo stesso tempo si è approfondita la frattura con l’Unione europea tanto che il premier Giuseppe Conte, ribadendo la compattezza del governo, ha affermato che «a queste condizioni l’Italia non aderisce al bilancio dell’Ue che sottende una politica così incoerente sul piano sociale».

Come dicevamo, gli strascichi ci sono nonostante la soluzione, ritenuta insoddisfacente soprattutto dalla Chiesa, oltre che dalla solita schiera di buonisti nostrani. Infatti, il giorno dopo lo sbarco dei migranti, i vescovi non hanno rinunciato alla loro predica. «Da una parte il governo ha usato queste persone per forzare l’Europa a una risposta. La risposta si è rivelata alquanto parziale e debole, da Albania e Irlanda. Sappiamo che non si può far politica sulla pelle dei poveri, quindi il rischio di strumentalizzare i poveri, anche dove giustamente si chiede una risposta corale e condivisa, rimane veramente alto», ha detto il portavoce della Cei, monsignor Ivan Maffeis. L’intervento della Conferenza episcopale, che ospiterà i migranti in propire strutture, è stato deciso per sbloccare «una situazione di stallo che era ormai diventata insostenibile per tutti – ha aggiunto monsignor Maffeis -. Vedere queste persone su una nave italiana attraccata sulle nostre coste e impossibilitate a scendere era una situazione intollerabile anche dal punto di vista umanitario». Insomma, la Chiesa cerca di prendersi una rivincita e di dimostrare, soprattutto a chi lo accusava di predicare l’accoglienza senza aprire mai le proprie porte, che cosa sia la solidarietà. Ma ospitare un centinaio di migranti non risolve il problema e non è neppure paragonabile al gestire centinaia di migliaia di persone che sbarcano ogni anno, dovendogli garantire assistenza di tutti i tipi, con costi esorbitanti. E i radical chic continuano a raccontarci che sono una risorsa. Certo, lo sarebbero se mancasse manodopera, ma qui non c’è lavoro per nessuno. La smettano di raccontarci la favola che producono tanta ricchezza e che grazie a loro si possono pagare le pensioni. Se fosse vero, ci spieghino perché nessuno in Europa sgomita per portarceli via.

IL GIORNALE

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