Golpe finanziario, Carlo Cottarelli: “Se ci attaccano finirà peggio che nel 2011”
Carlo Cottarelli è stato presidente del Consiglio incaricato dal 28 al 31 maggio. Come giudica la politica economica del governo?
«Per un giudizio complessivo bisognerà leggere la legge di bilancio per il 2019 con le previsioni del governo su spesa e tassazione, deficit e debito, Pil e inflazione. Per ridurre l’ incertezza sarebbe stato opportuno definire gli obiettivi principali prima dell’ estate».
E il decreto dignità?
«Ci sono cose positive, come la lotta alla ludopatia. Ma i maggiori vincoli ai contratti a termine rischiano di portare a minore occupazione. Nel complesso, comunque, l’ impianto del Jobs Act resta inalterato».
Dopo il crollo di Genova, il sottosegretario Giorgetti ha auspicato una revisione delle concessioni pubbliche.
«Il sistema va rivisto: lo Stato non ottiene ricavi sufficienti da tutte le concessioni, a partire dalle spiagge. Ma il processo deve essere trasparente e legale, assegnando un ruolo maggiore alla concorrenza nelle assegnazioni».
Nazionalizzare è un tabù?
«Beh, non è che la gestione pubblica si sia rivelata particolarmente efficiente in Italia soprattutto dopo il boom degli anni ’50. Ma se si vuole mantenere la gestione privata delle concessioni credo che lo Stato debba definire le gare in modo trasparente e poi sorvegliare efficacemente i concessionari».
Il ministro Savona annuncia 50 miliardi di investimenti, 16 pubblici e 34 privati.
«Ben vengano gli investimenti privati se sono veri e non manovrati dallo Stato con forzature di legge. Bisogna creare le condizioni perché gli imprenditori abbiano voglia di investire in Italia: riformare la burocrazia, ridurre i tempi della giustizia civile, ridurre la tassazione con tagli mirati della spesa improduttiva Quanto ai 16 miliardi pubblici, non si capisce bene se sono in aggiunta a quelli già stanziati e in che arco di tempo sarebbero distribuiti. Se si trattasse di 3-4 anni non sarebbe gran cosa».
Dopo l’ estate i titoli di Stato torneranno sotto attacco?
«Dipende da ciò che dirà e farà il governo. L’ annuncio di un deficit poco più alto di quello di quest’ anno, diciamo intorno al 2%, pur lontano dagli obiettivi fissati delle regole europee che lo vorrebbero sotto l’ 1%, probabilmente non causerebbe un’ immediata reazione negativa dei mercati. Verrebbe letto come una vittoria di Tria contro chi il deficit lo vorrebbe al 3%. Secondo me, però, il deficit va ridotto, aumentando il saldo primario. Bisognava farlo dal 2015, quando le condizioni dell’ economia erano migliori: avremmo avuto magari una crescita un po’ più bassa, ma non saremmo esposti come ora a choc esterni. Se l’ economia europea rallentasse e l’ Italia andasse in recessione con un deficit al 2% nessuno ci salverebbe da un attacco speculativo peggiore di quello del 2011».
Con Monti lo spread era sopra i 500 punti. Calò quando Draghi di fatto annunciò acquisti di titoli di Stato e accenna a risalire ora che gli acquisti stanno terminando.
«Nel 2012 scrivevo che, in quelle condizioni, per far scendere lo spread non era sufficiente diminuire il deficit: doveva intervenire la Bce. Ma l’ intervento della Bce era economicamente e politicamente possibile solo se l’ Italia avesse ridotto il deficit. La Bce non può essere il bancomat che finanzia le spese degli Stati».
Ma se lo scudo Bce fosse stato collegato a politiche di deficit spending oggi forse avremmo un debito alto ma una crescita più sostenuta.
«Scenario impossibile in una unione monetaria. La Bce può dare soldi a un Paese solo se questo taglia il deficit, riducendo così la probabilità di dover ricorrere di nuovo alla Bce in futuro. Chi propone scenari simili in realtà ha un’ altra idea: visto che la Bce non può agire come una banca centrale nazionale, allora usciamo dall’ euro, così la nostra banca centrale potrà stampare soldi a volontà e noi torneremo a crescere. Ragionamento coerente, ma sbagliato. Infatti, se uscissimo dall’ euro con l’ obiettivo di stampare moneta entreremmo in uno scenario da inflazione galoppante. Alla fine, per rendere credibile la nostra nuova moneta saremmo costretti a fare politiche più restrittive di quelle attuali».
Se il presidente Mattarella le chiedesse di nuovo la sua disponibilità a guidare un governo d’ emergenza?
«La darei di nuovo, se condividessi gli obiettivi fissati per tale governo. Ma spero che non succeda perché vorrebbe dire che l’ Italia sarebbe in crisi».
di Alessandro Giorgiutti
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