Roma- I sondaggi non premiano i grillini. E, quindi, tocca a loro cambiare  strategia, surclassati dalla Lega in grande spolvero avanti di sette punti (secondo il sondaggio di Noto).  Non è un caso che sia tornato in campo Alessandro Di Battista. Secondo un’indiscrezione riportata da QN, potrebbe essere la nuova (ri)promessa del Movimento 5 Stelle in caso di voto anticipato. Ma c’è oltre a Dibba un’altra carta che sta emergendo negli ultimi tempi ed è quella di Roberto Fico.

La scommessa è che in caso Di Maio finisse fuorigioco, o sconfitto nella guerra d’autunno sulla manovra o dopo le Europee, l’ala movimentista prenderebbe il sopravvento. Qualcuno azzarda anche un asse tra Fico e Dibba, ma ambienti vicini al presidente della Camera frenano: «Roberto e Alessandro sono molto diversi. Per carità, hanno alcune sensibilità in comune, ma da qui a dire che sono una corrente di sinistra ce ne passa». Il motivo è presto detto: Dibba è uno spirito libero e tornerà a dicembre, ma al di là della possibilità di una sua corsa in chiave anti-Salvini, l’ex onorevole è ancora molto legato a Di Maio. Legame che, invece, non c’è con Fico, sebbene il ponte tra i due non sia del tutto interrotto. «Si sentono spesso e anche durante la vicenda della nave Diciotti le telefonate sono state parecchie…», raccontano. Certo, Fico e Di Maio non si sono mai amati. Ma anche con Dibba il presidente della Camera non ha un gran feeling. La consonanza è sul tema Tav soprattutto, ma già sui migranti c’è un abisso tra le due posizioni.

Più ‘a sinistra’ quella di Fico, più in linea con il nuovo corso stellato quella di Dibba. Senza contare i caratteri, la storia, il modo di comunicare dei due big M5S. Ma questa diversità potrebbe anche rivelarsi vincente per la strategia 5 Stelle. Illustri politologi, a partire da Marco Valbruzzi dell’Istituto Cattaneo, spiegano che la strategia a due teste potrebbe essere verosimile. Se il Movimento 5 Stelle continuasse a perdere consensi a causa della Lega, per evitare ulteriori emorragie dovrebbe coprirsi a sinistra. Da qui, Di Maio ormai spostato a destra, sarebbe fuorigioco e toccherebbe al fronte descamisado di Di Battista e Fico. Ma se il primo è più populista, un anti-Salvini che può pescare a destra e a sinistra, strategicamente ‘parcheggiato’ in Sudamerica, il secondo piace di più al popolo tradizionale della sinistra. Non è un caso che Fico, l’altro giorno invitato alla festa dell’Unità di Ravenna, abbia scaldato la platea dei dem. L’ex ministro Pd, Graziano Delrio, l’ha detto chiaramente: «Fico rappresenta un’anima diversa da quella che vediamo rappresentare ogni giorno». Morale: ai grillini in calo non restano che due carte da giocare in caso l’alleanza giallo-verde finisse. Di Battista, in caso servisse un front-man da opporre al carisma di Salvini; Fico per conquistare i voti di sinistra e centrosinistra.

Ma quest’ultima opzione deve sempre fare i conti con il Pd: in caso i dem tornassero competitivi, i grillini rischierebbero di non riuscire a conquistare consensi nel campo del centrosinistra e si troverebbero col cerino in mano. Nel frattempo, mentre infuria la battaglia d’autunno sulla legge di Bilancio tra Salvini e Di Maio, all’ala sinistra non resta che organizzarsi. «Il Movimento per spaccarsi dovrebbe avere l’area Fico più strutturata. Ancora non siamo a questo punto, quindi (per ora) restano solo due diverse sensibilità interne al Movimento…», spiegano fonti parlamentari.

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