Salvini e i 49 milioni: «Il nome “Lega” resta, per ora. Non mi appello a Mattarella, ma ci mettono fuorilegge»
MILANO — «Lega ci chiamiamo e lega ci chiameremo. E a meno che non me lo sequestrino, il cognome Salvini me lo tengo. Anche se di questi tempi, mai dire mai…». Il vicepremier Matteo Salvini è arrivato a casa al termine di una giornata lunghissima e ha appena buttato in pentola i tortelli: «Ma guardi che sul sequestro dei conti della Lega c’è pochissimo di cui parlare. Io, ho dedicato al tema credo… due minuti della giornata».
Però, quello che aveva anticipato nei giorni precedenti alla sentenza, rimane: «Lega siamo e Lega restiamo». Anche se tra i suoi sostenitori già si è cominciato a ragionare sul fatto che «il nostro vero marchio è il nome Salvini». Lui, fa spallucce. Anche se «la situazione è davvero surreale. Ormai il ministro dell’Interno è il più spaventoso dei delinquenti, un sequestratore, un responsabile di violenza privata. Ma lei lo sa che le mie imputazioni sono arrivate a dodici? Perché alla procura di Agrigento se ne sono aggiunte altre. Surreale davvero…».
Ora, però, la Lega non ha un solo euro. Se Salvini dovesse fare un comizio e dovesse noleggiare un palco… «Non potrei pagare il fornitore. Lo so. Quello che mi fa rabbia è che i venti euro che l’altra sera una signora ha voluto mettermi in mano sono sequestrati. Le donazioni, quello che operai e pensionati vogliono dare alla Lega perché credono in quello che stiamo facendo, tràc, vengono ingoiati». Però il segretario leghista è nettissimo: «Adesso non cambia niente: quelle scelte le faremo quando vorremo noi e ora resta tutto come prima. Noi non ci facciamo dettare nulla dalle procure. Poi, se qualcuno volesse pensarci…».
Il pensiero di Matteo Salvini va al capo dello Stato Sergio Mattarella: «È chiaro, io non chiedo nulla. Se sembra normale che quello che viene dato come il primo partito italiano sia messo fuori legge, per me sta bene. Certo, un sequestro preventivo del genere su una sentenza non definitiva, un filo stupisce… Dico solo agli amici della Procura di Genova che è perfettamente inutile andare in giro per l’Europa a cercare soldi che non ci sono…».
Salvini s’interrompe un momento e poi riprende: «Io sono contento che sia passato in Consiglio dei ministri il pacchetto contro corrotti e corruttori, è un bel segnale. Certo, però, che su quel provvedimento il Parlamento interverrà e modificherà». In senso più garantista? «Beh, alcuni passaggi del pacchetto mettono sotto inchiesta sessanta milioni di italiani. Perché quando sulla base di un sospetto e senza prova dai la possibilità di intercettare, pedinare, ordinare questo è quest’altro, la preoccupazione è legittima».
Qualcuno dice addirittura che Salvini non abbia partecipato al Consiglio dei ministri proprio per sottolineare la sua distanza dal provvedimento. «Macché, come la penso gliel’ho detto. Ho riuniti i dirigenti del Viminale, la settimana prossima voglio chiudere i decreti sicurezza e immigrazione, sto lavorando a questo notte e giorno, ho la scrivania che deborda di pratiche. E poi sto preparando la riunione dei ministri dell’Interno europei. Qui si devono dare una mossa… Oggi in Europa se la sono presa con noi perché non deteniamo i richiedenti asilo. A me lo dicono, che sono indagato per sequestro di persona, è tutta da ridere. Credo che adesso abbiano paura che quelli che non deteniamo, scappino in Germania o che so io…».
Certo, nella giornata «hanno fatto piacere le parole di assoluto buon senso di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Forza Italia». Altri, come il sindaco di Napoli Luigi De Magistris sono stati durissimi: «Vabbè, non mi faccia dire… ». Resta il fatto che, al di là della sentenza genovese, il cambio del nome della Lega era già nelle cose. Perché attendere? «Ma guardi che noi ci stavamo ragionando da mesi, senza ansie, senza patemi. È possibile che entro l’anno prenderemo una decisione. Di certo, prima dobbiamo pensare alla manovra economica del cambiamento, saremo duramente impegnati. E poi, si tratta soltanto di formalizzare quello che la Lega è già diventata, un partito nazionale. Ma ora mi lasci andare a scolare i tortelli…».
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