Manovra, Salvini e Di Maio affilano le armi. Brambilla contro le pensioni minime a 780 euro: “Spacchiamo il sistema”
MILANO – I vicepremier affilano le armi in vista degli snodi decisivi per la scrittura della prossima legge di Bilancio. Matteo Salvini rilancia la flat tax per le partite Iva e Luigi Di Maio il reddito di cittadinanza. “Il mio obiettivo è che le partite Iva, quelle piccole, quelle che fatturano 65, 70, 80mila euro, già dal prossimo anno paghino il 15% di tasse e non di più”, dice il leader leghista a Domenica Live. “La prima misura, insieme alle infrastrutture, è sicuramente il reddito di cittadinanza”, il pensiero del ministro del Lavoro e dello Sviluppo da Nola: “Non significa dare i soldi alle persone per stare sul divano”.
Come in un balletto coordinato di dichiarazioni, i due dopo gli annunci programmatici si scambiano puntualizzazioni. Di Maio a Salvini: “Sono d’accordo ad abbassare le tasse, la condizione che ha posto la Lega è che la flat tax non aiuti i ricchi ma la classe media e le persone più disagiate che pagano da una vita”. E viceversa: “Il reddito di cittadinanza nel contratto c’è ed è giusto che ci sia perché è un cavallo di battaglia dei Cinque Stelle. In Italia c’è gente che ne ha bisogno, ma è importante che non sia un reddito fatto per stare a casa e guardare la tv”. Di una cosa è certo Salvini: “Con Conte e Di Maio mi messaggio tutti i giorni, persone ragionevoli con le quali andremo avanti cinque anni per cambiare il Paese. Non litighiamo né sui ponti, né sulle poltrone”.
A commentare le parole di Salvini e Di Maio interviene la leader della Cgil Susanna Camusso, che parla di “provvedimenti profondamente ingiusti”. La discussione sulla legge di bilancio, aggiunge, è “tutta improvvisata, fatta di slogan della campagna elettorale ricollocati nel contratto di governo, annunci che si inseguono e si contraddicono mentre appare sempre più evidente che un progetto per il Paese non compare mai”. E “la pace fiscale è un gigantesco condono di massa” e la “flat tax” significa “abbassare le tasse a chi ha di più”.
Insiste Camusso: “L’annuncio di quota cento, un giorno a 62 anni, un giorno a 64: numeri al lotto”, la possibile riforma “messa come la sta mettendo il governo riguarda una piccola parte, fabbriche del Nord, e una parte della pubblica amministrazione. Ma per un lavoratore edile, per esempio, resta l’impianto della Fornero: deve restare fino a 67 anni sulle impalcature. Se vuoi eliminare delle ingiustizie non lo puoi fare solo per una parte perché la rappresenti elettoralmente. Vuol dire corporativizzare la riforma”.
Dal mondo leghista fa però rumore il giudizio che Alberto Brambilla – presidente di Itinerari previdenziali e uomo della Lega per la prossima presidenza Inps – dà di alcune misure, in particolare le pensioni di cittadinanza dei 5s alle quali chiude seccamente la porta. “Spacchiamo il sistema”, dice, sulla possibilità di portare da gennaio le minime a 780 euro, annunciata dal viceministro 5Stelle all’Economia, Laura Castelli. Brambilla, che già in passato aveva detto no al prelievo sulle cosiddette pensioni d’oro, questa volta dal palco delle ‘giornate del lavoro’ della Cgil, a una domanda sulla proposta dell’esponente M5s si dice “totalmente contrario”: “Se fossi un artigiano, un commerciante, un imprenditore, non verserei più, tanto se poi devo prendere 780 euro… Spacchiamo il sistema”.
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Invece, per la famosa “quota cento” delle pensioni, ovvero la possibilità di uscire dal lavoro a 62 anni con 38 di contributi, il già sottosegretario al Lavoro nel secondo e terzo governo Berlusconi tra 2001 e 2005 ritiene che si possa compensare l’aumento della platea dei pensionati e quindi il rincaro dei conti “facendo operare i fondi di solidarietà ed i fondi esubero”. “E’ lo stato dell’arte – spiega Brambilla all’Ansa – si sta lavorando sul fronte dei fondi di solidarietà e esubero, che potrebbero dare una mano a tutto il sistema”. Dettaglia che si potrebbe “far operare i fondi di solidarietà e fondi esubero, sul modello di quanto già accade con grande successo nel credito e nelle assicurazioni” e che “possa essere un complemento alla riforma in modo tale da consentire quella flessibilità che si voleva reintrodurre”. Una ipotesi che per Carlo Cottarelli si può fare, ma “il costo viene fatto ricadere sulle imprese” e queste “devono essere disposte ad accollarsi il costo”. Da un lato è difficile in un sistema imprenditoriale già troppo gravato da costi, conferma Cottarelli, dall’altro le imprese possono anche “avere dei vantaggi nel vedere i lavoratori andare in pensione prima, e magari sono disposte a contribuire a questo prepensionamento”.
In questo clima si preparano le prossime riunioni dell’esecutivo, mentre si avvicina il 27 settembre, data entro la quale dovrà essere presentata la nota di aggiornamento del Def con i numeri e gli obiettivi di finanza pubblica e in vista del 20 ottobre, quando la legge di bilancio dovrà essere presentata al Parlamento.
Lunedì è prevista la ripresa dei lavori con un vertice di maggioranza dopo le tensioni della settimana scorsa tra gli esponenti del M5S e il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Incontro previsto nel pomeriggio, tra Conte, Salvini, Di Maio e il ministro dell’Economia stesso. Dal Tesoro si punta a portare a Bruxelles un deficit che non vada oltre l’1,6%, mentre l’entità complessiva della Manovra dovrebbe aggirarsi tra i 28 e i 30 miliardi, in modo da mettere a disposizione 8-10 miliardi in capo alla Lega, altrettanti al M5s, e usare gli altri 12 per evitare l’aumento dell’Iva dal prossimo anno.
Le proposte della Lega puntano alla flat tax, limitata almeno inizialmente, alle partite Iva con il taglio dell’Irpef che scatterà dal 2020 con tre aliquote, come affermato sabato dal sottosegretario all’Economia, Massimo Bitonci. “Inizialmente pensavamo a una riduzione di un punto percentuale dell’aliquota Irpef più bassa ma poi si opterà per una rimodulazione a partire dal 2020 con tre aliquote”, ha spiegato, “la rimodulazione Irpef, con vantaggi per tutti i contribuenti sarà accompagnata da un riordino delle tax expenditure perchè ci sono 300 voci tra agevolazioni, deduzioni e detrazioni, e alcune ormai sono anti storiche”. Previsto un intervento forte (500 milioni di euro) destinato al Fondo per i rimborsi ai risparmiatori vittime delle crisi bancarie.
C’è poi l’annoso capitolo della riforma della legge Fornero, circa la quale Brambilla ha disegnato i contorni entro i quali si stanno muovendo i tecnici. Sempre Bitonci ha spiegato che la Lega porterà al tavolo con Conte e Tria “la pace fiscale più ampia possibile che recuperi il rapporto tra fisco e contribuente in vista di una chiusura di tutte le liti pendenti per le cartelle, per il contenzioso tributario, per le multe amministrative e per contenziosi di varia natura esclusa l’Iva e la previdenza”. “Studiamo una pace fiscale – ha aggiunto – con un tetto per contribuente non superiore a un milione di euro di contenzioso” e che “ci sarà un’aliquota più bassa per i contenziosi più contenuti, un’aliquota media e un’aliquota più importante per i contenziosi che si avvicinano al milione”.
Ci sono poi le proposte care al M5s, in cima quella della Castelli che Brambilla ha fatto a pezzi. La viceministra aveva spiegato alla Stampa che a partire da gennaio le pensioni minime saranno portate a 780 euro e che “il reddito di cittadinanza è la base attorno alla quale ruota l’intera manovra. Partiremo da gennaio con le pensioni di cittadinanza portando le minime a 780 euro”, a seguire la riforma “dei centri per l’impiego. Abbiamo calcolato che ci vogliono 3-4 mesi. Successivamente partità il reddito di cittadinanza”. Sempre sul lavoro, si pensa di far scattare non solo al Sud ma a livello nazionale un incentivo per far aumentare i contratti a tempo indeterminato attraverso sgravi fiscali.
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