Roma, 17 settembre 2018 – Il pacchetto di misure per rendere meno drastica la riforma Fornero, targato soprattutto Lega, è nero su bianco sui tavoli dei tecnici e dei ministri che stanno lavorando all’operazione sulle pensioni. E il responsabile di Via XX Settembre, Giovanni Tria, ha dato già un primo via libera all’ultimo menù ma con una serie di paletti. Si va dall’introduzione di quota 100 (come somma di età e contributi) a partire dai 62 anni, ma con il calcolo contributivo dell’assegno, alla possibilità di lasciare il lavoro in anticipo attraverso i fondi di solidarietà in caso di esuberi aziendali. Per arrivare alle agevolazioni ad hoc per le donne e i lavoratori precoci e a un fondo specifico per gli ultimi esodati.

La vigilia della settimana clou per il cantiere della legge di Bilancio, con un primo vertice in programma oggi, però è agitata da veti e condizioni posti nelle ultime ore dai leader di Lega e 5 Stelle. Alberto Brambilla, guru del Carroccio, boccia senz’appello le pensioni di cittadinanza da 780 euro di matrice grillina: «Sono totalmente contrario. Se io fossi un artigiano, un commerciante, un imprenditore, non verserei più, tanto se poi devo prendere 780 euro… spacchiamo il sistema». E lo stesso taglio delle pensioni d’oro è ricondotto negli stretti termini del contratto. Non basta. Perché Matteo Salvini insiste: «Il reddito di cittadinanza nel contratto c’è ed è giusto che ci sia. Ma che non sia un reddito fatto per stare a casa e guardare la televisione».

Non da meno è Luigi Di Maio: «Non ci sono tensioni sulla manovra, c’è un dibattito franco sul fatto che o si mantengono le promesse o è inutile che ci stiamo. La prima misura, insieme alle infrastrutture, è sicuramente il reddito di cittadinanza».

Flat tax, Di Maio avverte Salvini: “Non aiuti i ricchi”

Quanto alla flat tax, incalza, «sono d’accordo ad abbassare le tasse, chi è che non è d’accordo. La condizione che abbiamo posto la Lega è che la flat tax non aiuti i ricchi, ma la classe media e le persone più disagiate». Ma mentre Susanna Camusso punta l’indice contro la pace fiscale «un gigantesco condono», vediamo come si va definendo il capitolo previdenza.

PENSIONI – La prima operazione riguarda l’introduzione della possibilità di andare in pensione al raggiungimento di quota 100, intesa come somma di età e contributi. Ma per evitare oneri eccessivi se si parte da 62 anni di età e 38 di contributi, come richiesto da Salvini, verrebbero previsti anche la limitazione a 2 degli anni di contribuzione figurativa utilizzabili a questo fine, salvo quelli derivanti da maternità e puerperio, e il calcolo dell’assegno con il sistema contributivo con una penalizzazione dell’8-10 per cento.

Per gestire esuberi o per favorire l’uscita di lavoratori in condizioni di disagio (in pratica, per chi rientra nelle categorie dell’Ape social) si farebbe ricorso ai fondi di solidarietà istituiti per le varie categorie sul modello di quello per i bancari: e così dovrebbe essere possibile uscire a 62 anni anche con 35 anni di contributi. Una soluzione che si basa anche sull’aumento dell’aliquota dello 0,30 che finanzia oggi quei fondi e che verrà discussa in settimana in incontri riservati con Confindustria e le altre associazioni, oltre che con i sindacati. Con il corollario di una nuova deroga per gli ultimi esodati o per chi non avesse più un datore di lavoro di riferimento.

Per le donne, però, viene ipotizzato un bonus di 8 mesi per ogni figlio, fino a tre: dunque una lavoratrice con tre figli potrebbe andare in pensione anche a 60 anni, con due anni di anticipo. E un analogo sconto verrebbe contemplato per i precoci, coloro che hanno cominciato a lavorare durante la minore età. Tutto questo, però, a fronte della cancellazione dell’Ape social.

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