Paolo Savona, intervista di Senaldi: “O si cresce o si collassa Cara Ue, fai tu i compiti”
«Le voci sulle mie possibili dimissioni? Rappresentano le speranze, prive di fondamento, degli avversari, miei e del governo. Non posso passare il mio tempo a interessarmi di loro, ma posso dire che se queste voci si interessassero davvero al Paese, allora sì che potremmo migliorare». Il pensiero di Paolo Savona, professore, economista e ministro per gli Affari Europei, è chiaro quanto le sue parole sono criptiche. Ha recentemente inviato a Bruxelles un documento di 17 pagine con gli elementi su cui fondare la ricostruzione di una nuova architettura europea. La filosofia di Savona è che l’ Europa si salva solo con la crescita economica, perciò bisogna creare le condizioni per lo sviluppo: investimenti, flessibilità, un sistema economico unitario, con l’ integrazione dei sistemi fiscali dei Paesi membri. In ballo non c’ è solo la futura leadership dell’ Europa, che si contenderanno sovranisti, popolari e liberali, con il Pse fuori dai giochi, ma c’ è l’ intera sopravvivenza del sistema e della moneta unica.
Ministro, cosa pensano gli euroburocrati del documento da lei inviato a Bruxelles per invocare la revisione dell’ architettura europea?
«Dia loro tempo di impossessarsi dei contenuti e dello spirito costruttivo che lo ispira e lo sapremo».
Perché secondo lei l’ Unione è entrata in crisi?
«Soprattutto perché non ha risolto il problema che non si può avere un mercato unico che persegue gli obiettivi ambiziosi, ma giusti, del Trattato europeo e una politica monetaria disgiunta dalle politiche fiscali nazionali, per giunta vincolate».
Nel documento lei scrive che «la politica fiscale degli Stati membri non può essere posta al servizio della stabilità dell’ euro, sottraendole la funzione indispensabile di mantenere l’ economia dell’ intera eurozona sulla strada della crescita invece di indurre una biforcazione dell’ itinerario tra chi rientra nei due parametri fiscali e chi non riesce a farlo». Significa che vuole avere mani libere per sforare i parametri Ue?
«La risposta è nella stessa sua domanda: per crescere occorre avere anche una politica fiscale europea. Il rispetto dei parametri viene dalla crescita, ossia non una visione statica, ma dinamica del problema».
Cosa risponde a chi dice che poi il debito pubblico lo pagheranno i nostri figli (ogni bebè nasce con 50mila euro di debito sulla testa)?
«Rispondo che ci dovevamo pensare prima. Ora il problema è come uscirne. La crescita è la soluzione definitiva, ma esistono anche soluzioni tecniche che indico nel documento».
Un altro passaggio fondamentale del documento è quando scrive che «se il principio è produrre avanzi di bilancio per ridurre il rapporto debito pubblico/Pil con effetti deflazionistici, la divaricazione degli itinerari di sviluppo dei paesi che si trovano al di sotto del 60% del rapporto debito pubblico/Pil e di quelli che si trovano al di sopra comporta conseguenze pericolose per la stabilità dell’ euro e la coesione socio-politica». Davvero, se non si cambiano le regole, può saltare la moneta unica?
«È vero, purché non si dica che indicare la possibilità per sventarla sia un invito a determinarla».
La moneta unica ci ha portato anche qualche beneficio: paghiamo meno interessi sul debito, la svalutazione non è un metodo di concorrenza virtuoso, il nostro denaro vale di più…
«Invece questo non è vero. Se non si stimola la crescita reale in un mercato che spontaneamente non la produce, non c’ è palliativo monetario che possa sventare il collasso. È la grande conquista della scienza economica moderna».
Nel suo documento parla anche di “cecità fiscale” da parte dell’ Ue e afferma che «il governo italiano richiede uno specifico impegno sugli investimenti». Bisogna aspettare le europee per cambiare le regole?
«C’ è un compito a casa che dobbiamo fare noi, ma se non fertilizzato dall’ assolvimento di un compito europeo non usciamo dalla crisi europea».
Crede che le prossime europee saranno una sfida tra sovranisti-riformatori e unionisti-conservatori?
«Se la sfida è questa e non la riusciamo a ribaltare ponendo al centro una politeia, una politica per propiziare il bene comune, lo scontro sarà inevitabile».
Lei ha proposto un pagamento a rate, con lunghe scadenze e interessi concordati, del debito eccedente il 60% del rapporto debito/Pil. Ma non esiste già il tanto contestato fiscal compact? In cosa differisce il suo progetto dal fiscal compact?
«È una soluzione che implica il fiscal compact, inteso però come il rispetto del pareggio di bilancio con un saggio di crescita della spesa pubblica inferiore al saggio di crescita del PIL».
Non sarebbe meglio piazzare ai privati italiani il patrimonio pubblico immobiliare attraverso fondi d’ investimento creati ad hoc?
«Fu la mia prima proposta, inascoltata. La risposta fu: non è possibile. Fu una risposta miope».
Per approfondire leggi anche: L’allarme di Paolo Savona
Draghi non ci darà una mano, o almeno così ha fatto capire giovedì parlando da Francoforte: cosa può fare allora l’ Italia per non finire in mano alla speculazione da gennaio?
«Un avvertimento non è un rifiuto. È l’ invito a preparare un bilancio che impedisca attacchi speculativi. È il minimo che possa dire un Governatore di Banca centrale».
A proposito, la sua richiesta di integrare i poteri della BCE è stata interpretata come un’ accusa rivolta a Draghi di aver ecceduto nei suoi poteri: cosa replica?
«L’ abilità di Draghi ha consentito di superare i vincoli della sua azione di fronte alle carenze statutarie, ma ciò ha richiesto tempo e trascinato polemiche non ancora sopitesi. Il problema è che le istituzioni devono essere ben regolate per ogni circostanza, cosa che attualmente manca: meglio incorporare i poteri nelle norme statutarie».
Lei ha ipotizzato lo “scudo” di un Paese estero a protezione dell’ Italia. Si è parlato della Russia. Ma, visti i rapporti con Trump, non sarebbe meglio chiedere protezione internazionale agli Stati Uniti?
«La bufala della mia trattativa con la Russia è caduta nel ridicolo. L’ Europa deve fare la sua parte».
Il bilancio per la manovra è risicato: ci sono da trovare quasi 15 miliardi per non far aumentare l’ Iva. A spanne restano circa 10 miliardi per riforma delle pensioni, flat tax e reddito di cittadinanza. Poco per tutto, viene da dire…
«Basta aspettare un paio di giorni e si saprà. I miei colleghi di governo si sono già espressi. Io ho aggiunto la considerazione del rispetto dinamico dei parametri fiscali, sulla base degli investimenti che riusciremo a mobilitare alla luce delle cose dette prima».
LIBERO.IT