Pensioni, l’allarme della Lega: “Così il M5s spacca lo stato sociale”

La Lega ora lancia l’allarme. A preoccuparla è la proposta del Movimento 5 Stelle di garantire agli anziani la pensione di cittadinanza.

“Costerebbe troppo – taglia corto Alberto Brambilla – sarebbe pagata dalle giovani generazioni e spaccherebbe lo Stato sociale”. Ma il ministro del Lavoro Luigi Di Maio non è disposto a mollare. E la risposta (piccata) di ieri apre una nuova ferita nell’esecutivo: “Brambilla parla a titolo personale. Prima lo scoprite anche voi giornalisti e più evitiamo questa bagarre. La pensione di cittadinanza è nel contratto di governo e lo sappiamo sia noi che la Lega”.

La previdenza è il nuovo campo minato del governo gialloverde. “D’ora in poi – ha promesso ieri Di Maio – non ci deve essere più nessun pensionato che prende meno di 780 euro al mese”. L’idea pentastellata è farle partire a gennaio, con una spesa di almeno 12 miliardi. Ma Brambilla non ci sta.

L’esperto del Carroccio per la previdenza e l’assistenza è stato sottosegretario al Lavoro con Maroni e poi presidente del Nucleo di valutazione della spesa pensionistica presso lo stesso ministero e oggi, in una intervista al Corriere della Sera, boccia apertamente la proposta cara al Movimento 5 Stelle di dare una pensione minima di 780 euro a tutti i pensionati che non arrivano a questo reddito mensile. Brambilla parte dai numeri. “A chi vogliamo darla questa pensione? Agli invalidi civili? Bene, sono quasi un milione – pungola – e per coprire la differenza tra quanto prendono ora (282 euro al mese per tredici mensilità, ndr.) e i 780 euro bisognerebbe spendere circa 6,3 miliardi in più all’anno”. E ancora: “Vogliamo darla a chi prende l’assegno o la pensione sociale (453 euro al mese, ndr.)? Sono altre 860 mila persone e in questo caso bisognerebbe sborsare altri 4 miliardi. Ci riferiamo invece ai 3,2 milioni di pensioni integrate al minimo (502 euro al mese, ndr.) o alle oltre 900mila pensioni con la maggiorazione sociale? Servirebbero altri miliardi ancora”.

A mancare sono le risorse. Ma non è solo questo che frena la Lega. Brambilla non si fa troppi problemi a bollare la pensione di cittadinanza come “un’operazione ingiusta” dal momento che i grillini vorrebbero garantirla a chi non ha pagato abbastanza contributi o non li ha pagati affatto. “Su 16 milioni di pensionati oggi in Italia – fa notare il leghista – più della metà sono a parziale o a totale carico dello Stato. Le pensioni minime, sono prestazioni dove il titolare, in tutta la sua vita lavorativa, non è riuscito a pagare i contributi per almeno 15 anni, il che fa scattare appunto l’integrazione al minimo”. Solo considerando queste pensioni e quelle con l’aggiunta delle maggiorazioni sociali, si tratta di 4 milioni di assegni. Altri 4 milioni sono invece le prestazioni totalmente assistenziali, per le quali cioè non è stato versato neppure un euro di contributi: le pensioni d’invalidità e quelle sociali, appunto. “Portare tutto a 780 euro – continua Brambilla – significa caricare la spesa sulle giovani generazioni che, tra l’altro, spesso non arrivano loro a guadagnare questa cifra pur lavorando”. Il riferimento è, per esempio, a tutti i giovani della gig economy. Ma poi rischierebbe di saltare il sistema a ripartizione.

Lo scontro sul sistema previdenziale non si limita alle “minime”. Sul tavolo rimane il fronte caro al Carroccio, quello di “quota 100“. Si tratta di un sistema che prevederebbe l’uscita dal mondo del lavoro per chi aderisce al sistema contributivo e totalizza 100 dalla somma di età anagrafica e anni di contributi versati. Il vicepremier Matteo Salvini vorrebbe aprire questa chance a coloro che hanno compiuto almeno 62 anni di età. I costi però sarebbero davvero al limite, perché anche con l’apporto delle aziende (tramite fondi solidarietà e fondi esubero) molti report parlano di almeno 13 miliardi di spesa. Per il leghista Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, siamo invece intorno ai 6/8 miliardi per il primo anno. Per questo, a detta di Brambilla, è “una proposta gestibile”. “Si potrebbe in futuro sempre alzare in funzione della speranza di vita – è la coclusione – mentre se si introducesse la pensione minima di 780 euro, sarebbe difficile rimediare i guasti che ne deriverebbero”.

IL GIORNALE

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