Pronto il pacchetto pensioni: sul deficit al 2% ora si tratta
di Andrea Bassi
Per la prima volta dopo uno dei vertici armoniosi sulla manovra, come li aveva definiti il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, non finisce l’incontro direttamente sul banco degli imputati. Anzi. Stavolta, con Conte che annuncia la «prima fumata bianca» e dice che «il deficit sarà definito dopo le misure», ad esultare sono i grillini, che poco dopo la fine del summit a Palazzo Chigi con il ministro dell’Economia, con Conte, Paolo Savona e il vice ministro leghista Massimo Garavaglia e Matteo Salvini, lasciano trapelare l’apertura di Tria a spingere l’asticella del disavanzo fino al 2%.
«Nessun tabù da parte del ministro», fa sapere il Movimento Cinque Stelle. Che non significa che il Tesoro lascerà correre il disavanzo, ma che almeno ha accettato di discutere una soglia, l’1,8%, che era diventata una sorta di linea Maginot. La Lega («non ci impiccheremo agli zero virgola», ha detto Salvini) e i pentastellati hanno consegnato nelle mani di Tria tutte le loro proposte, con l’annessa richiesta di poter contare su una dote di almeno 15 miliardi di euro per realizzarle. Il ministro si è impegnato a valutarle. Ma su alcune avrebbe già dato il suo via libera. Come per il pacchetto fiscale della Lega Nord. Dal prossimo anno entrerà in vigore il regime forfettario, che consentirà a piccoli e autonomi di essere esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica e di pagare una tassa forfettaria del 15% sui redditi fino a 65 mila euro. Per le grandi imprese arriva invece la super-Ires che vale, secondo le prime stime, «quasi un miliardo di risparmi» sulle tasse per le aziende, come ha sottolineato il sottosegretario al Mef Massimo Bitonci che sta seguendo il dossier in prima battuta insieme al collega Massimo Garavaglia
. Per le grandi aziende arriverà un taglio, strutturale, di 9 punti dell’Ires, con l’aliquota ordinaria del 24% che scenderà al 15% sugli utili reinvestiti in azienda per ricerca e sviluppo, macchinari e assunzioni stabili. Il costo, e il conseguente risparmio per le imprese, è di poco meno di un miliardo e potrebbe essere coperto assorbendo gli attuali ammortamenti di Industria 4.0 o dell’Ace.
LE MISURE
Del pacchetto fanno parte anche la cedolare secca al 21% per i negozi sfitti, e un primo taglio delle accise sulla benzina. Ma non è detto che tutto riesca ad entrare nella manovra. Il Movimento Cinque Stelle, invece, ha ottenuto di poter discutere il reddito e le pensioni di cittadinanza. In mattinata, dalla Cina, il vice premier Luigi Di Maio aveva confermato che il reddito «sarà soltanto per gli italiani», spiegando anche che sarebbe stato finanziato con un po’ di deficit da recuperare gli anni successivi con i tagli alla spesa. Anche la proposta pentastellata sarebbe a buon punto. Se una parte sarà sicuramente finanziata utilizzando gli spazi di bilancio che potrebbero essere concessi da Tria, si starebbe comunque valutando di attingere ad altre risorse.
Innanzitutto i 2,7 miliardi del Rei, il Reddito di inclusione del governo Gentiloni. Poi i soldi della Naspi, l’assegno di disoccupazione che è finanziato con i contributi di imprese e lavoratori. E poi i 500 milioni della «social card» per i più poveri. Si starebbe anche studiando di dirottare sul reddito di cittadinanza anche parte degli assegni per il nucleo familiare. Che platea copriranno il reddito e la pensione di cittadinanza? I calcoli sono ancora in corso e la Ragioneria ha chiesto che fossero fatti in modo preciso per non lasciare buchi da dover coprire in corso di anno con manovre aggiuntive. Al momento si starebbe ragionando di una platea complessiva di 5-6 milioni di persone, compresi però, 2 milioni di pensionati che avrebbero l’integrazione a 780 euro.
I DATI
Per ridurre il costo del sussidio, invece, si starebbe valutando una revisione dei coefficienti familiari che fanno aumentare l’assegno in base al numero di figli a carico. Il costo del pacchetto oscillerebbe tra i 7 e i 9 miliardi di euro. I
A pesare sulla manovra sono intanto anche i dati diffusi ieri dall’Istat. Leconomia italiana è cresciuta più del previsto negli ultimi due anni. Ma anche le spese sono aumentate più velocemente, portando il deficit ad un livello superiore a quanto calcolato finora. Secondo gli ultimi aggiornamenti, lo scorso anno il Pil ha registrato un +1,6% (contro il +1,5% stimato ad aprile). Il deficit è diminuito rispetto al 2016 ma non quanto ci si aspettasse: il miglioramento è stato dal 2,5% del Pil al 2,4%, contro il 2,3% stimato questa primavera. Una differenza che rimescola le carte in tavola già da quest’anno, rendendo ancora più complesso lo sforzo per il rispetto delle regole di finanza pubblica.
IL MESSAGGERO