Guerriglia sulla finanziaria Di Maio: “Così non la votiamo”

Il conto alla rovescia scorre veloce. Dopo un’estate di promesse, tensioni e pressioni, domani scade il termine per varare la Nota di aggiornamento del Def.

Si avvicina, insomma, il momento della verità, quello in cui si capirà quali e quante risorse avrà a disposizione il governo per tenere fede a parte degli impegni contenuti nel contratto di governo. Lo si capisce bene dalle parole usate in serata dal vicepremier grillino Luigi Di Maio in tv a Porta a porta: «Una Nota al Def non coraggiosa non avrà i voti del M5s». E dalla replica indiretta del premier Giuseppe Conte da New York, dove si trova per l’assemblea generale dell’Onu: «Stiamo facendo una manovra che porterà beneficio al nostro Paese, che ha bisogno di crescita economica e di giustizia sociale».

Per tutta la giornata i contatti telefonici sono stati febbrili e continui ai vertici dell’esecutivo, nonostante l’assenza di Conte, che prevede il ritorno anticipato in Italia questa notte). Ieri sera poi i ministri del M5s si sono visti con Di Maio per fare il punto. L’obiettivo è superare lo scoglio manovra spostando in avanti l’asticella dell’1,6% nel rapporto deficit/Pil fissata inizialmente dal Tesoro.

I due alleati di governo sono compatti nel chiedere al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, di allentare i cordoni della borsa, con il Quirinale impegnato a sedare i bollenti spiriti e le ipotesi più estreme di spesa in deficit. I toni del confronto sarebbero stati a tratti molto duri, con Lega e M5s decisi a ottenere uno sforamento del tetto del 2% del deficit. Tria si sarebbe ammorbidito ma le coperture continuano a non esserci.

I 4 punti che più stanno a cuore ai due partiti di maggioranza sono il restyling della Legge Fornero con l’introduzione della quota 100, una misura che nelle intenzioni porterebbe al pensionamento di 450mila persone: 180mila dalla Pubblica amministrazione, 270mila dal settore privato; la flat tax al 15% per le partite Iva (fino a 65mila euro e poi per tutto il sistema imprese Ires al 15% in caso di reinvestimento, assunzioni, aumenti di capitale); l’introduzione del reddito di cittadinanza a partire da metà marzo, come annunciato ieri da Di Maio (che sempre a Porta a porta ha detto: «Non ha senso parlare solo di deficit. Si deve dare risposte ai bisogni dei cittadini. Con l’11% di disoccupazione non possiamo che puntare sugli investimenti e sulla crescita di qualità»), e le misure di pace fiscale per risolvere una serie di contenziosi col fisco.

Come detto, la Nota di aggiornamento al Documento di economia finanza dovrà arrivare entro domani. Poi sarà la volta del Documento programmatico di bilancio da inviare alla Commissione europea e all’Eurogruppo, seguito a stretto giro dalla legge di Bilancio vera e propria il cui approdo in Parlamento è fissato per il 20 ottobre. In questa sede si dovrebbe procedere anche al taglio delle cosiddette pensioni d’oro, con una mediazione trovata tra i due partiti di governo su quota 4.500 euro netti.

Come impostazione e ispirazione politica generale se in questa fase la Lega punta ad aiutare piccoli imprenditori e partite Iva, i Cinquestelle cercano misure bandiera per «aiutare gli ultimi e fare la guerra ai potenti». Quindi se da una parte il sottosegretario al Mef, Massimo Bitonci, ipotizza una pace fiscale anche per l’Iva non riscossa, ma limitata a sanzioni e interessi, i Cinquestelle puntano il dito contro banchieri e petrolieri con il taglio alla deducibilità degli interessi passivi per banche e assicurazioni e la riduzione delle agevolazioni sul gasolio, premiando invece le auto elettriche. Il vero ostacolo resta, però, sempre quello delle risorse. Una ricerca complessa e spericolata su cui grava lo spettro del downgrading del nostro debito.

IL GIORNALE

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