Riforma della Fornero meno generosa: quota 100 solo per chi ha almeno 64 anni

Roma – Quota 100, ma con l’età anagrafica per il ritiro fissata a 64 anni. Non è andato a buon fine il pressing di Matteo Salvini per mandare in pensione i 62enni.

Ieri si è fatta strada l’ipotesi di ammorbidire la riforma Fornero con la pensione anticipata per chi raggiunga la famosa quota 100 data dalla somma degli anni di contributi e dell’età anagrafica. Ma con due paletti precisi: 62 anni di età e almeno 36 anni di contributi. Una misura che consentirebbe l’uscita anticipata a una platea di 450.000 persone, di cui 180.000 nella pubblica amministrazione. La notizia riportata dalle agenzie di stampa è quindi che non sarà possibile andare in pensione anticipata a 62 anni. Resta in piedi anche l’ipotesi di quota 100 con 65 anni di età e almeno 35 anni di contributi che consentirebbe il pensionamento anticipato a circa 492.000 persone.

La ricetta più probabile per limitare i costi della riforma è quella delle penalizzazioni. Quindi lasciare la possibilità di andare in pensione anche a 62 anni, ma con delle penalizzazioni pari all’1,5% dell’assegno per ogni anno di anticipo. Possibili quindi tagli fino al 7,5%. Ipotesi respinta dai sindacati. «La Uil è assolutamente contraria», ha dichiarato Domenico Proietti segretario confederale, secondo il quale «occorre continuare a cambiare la Legge Fornero reintroducendo una reale flessibilità di accesso alla pensione tra i 62 e a 63 anni, senza alcuna penalizzazione».

Come per il fisco, anche il pacchetto pensioni potrebbe andare in un decreto da approvare prima della legge di Bilancio.

Il Movimento 5 stelle non molla su nessuno dei fronti economici. Il partito del vicepremier Luigi Di Maio vuole cavalcare la legge di Bilancio e sta blindando i provvedimenti che precedono l’approvazione. Dopo un tentativo di blitz nel Def (con il leader pentastellato che ha cercato di portare il deficit poco sotto il 3%) e il decreto fiscale (con il «carcere per gli evasori») ora tocca alle pensioni d’oro. La legge del M5s per tagliare gli assegni più alti prosegue il suo iter parlamentare. Ieri è iniziato in commissione Lavoro della Camera l’esame della proposta che prevede il taglio degli assegni sopra i 4.500 euro mensili. O meglio della parte calcolata con il metodo retributivo, con penalizzazioni ulteriori basate sulla data del ritiro del lavoro. Provvedimento a rischio ricorsi, che la Lega di Matteo Salvini ha accettato come un costo politico da pagare, nonostante penalizzi il Nord e un elettorato da sempre vicino al Carroccio.

Di Maio ieri ha rivendicato con orgoglio la misura. «Bye Bye pensioni d’oro», ha scritto su Facebook il viceministro e ministro dello Sviluppo spiegando che si sta «per eliminare l’ennesimo scandaloso privilegio dopo i vitalizi. Ve l’avevamo promesso in campagna elettorale: stiamo per eliminare le pensioni d’oro». In Italia «ci sono alcuni privilegiati che fino ad oggi hanno ricevuto una pensione stellare, mentre milioni di italiani stentavano ad arrivare a fine mese». Poi «usiamo i soldi risparmiati per aumentare quelle più basse». Sempre che i ricorsi dei pensionati penalizzati non azzerino i risparmi.

IL GIORNALE

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