Ecco il decreto Genova: “Autostrade non può ricostruire”. Solo 30 milioni al porto
di MICHELA BOMPANI e LUIGI PASTORE
Un documento di 41 pagine, non solo, come previsto dedicate alla tragedia di Genova, ma l’attenzione ovviamente è lì. Ecco il testo del “Decreto Genova” bollinato dopo molti problemi ieri sera dalla Ragioneria di Stato. Non c’è il nome del commissario straordinario, che dovrà essere indicato entro dieci giorni, “sentito il presidente della Regione”, il che sembrerebbe una concessione parziale alle richieste del governatore Toti.
Autostrade paga ma non ricostruisce
All’articolo 1, capoversi 6 e 7 si stabilisce che Autostrade entro 30 giorni deve pagare “in quanto responsabile dell’evento” ma non può ricostruire. “Nel caso in cui Autostrade non pagasse o ritardasse le spese di ricostruzione del ponte sarà lo Stato ad anticiparle, attingendo al Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale. Per assicurare il celere avvio delle attività del Commissario, in caso di mancato o ritardato versamento da parte del Concessionario, a garanzia dell’immediata attivazione del meccanismo di anticipazione, è autorizzata la spesa di 30 milioni annui dal 2018 al 2019”.
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Il commissario straordinario affida, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle propedeutiche e connesse, ad uno o più operatori economici che non abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste ultime controllate o, comunque, ad esse collegate, anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali. L’aggiudicatario costituisce, ai fini della realizzazione delle predette attività, una struttura giuridica con patrimonio e contabilità separati.”
Scendono a 30 milioni i fondi per il porto
Viene estesa l’area delle imprese che possono ottenere risarcimenti, mentre diminuisce la cosiddetta zona franca urbana. Si prevedono solo 30 milioni per il porto rispetto ai 90 della prima stesura. Il commissario straordinario dovrebbe disporre di 20 milioni e potrà nominare sub commissari. Un testo che dalle prime reazioni non sembra soddisfare le istituzioni locali, specie per le poche risorse distribuite e in partocolare per le pochissime distribuite per il porto, azienda primaria della città. Secondo le prime stime, di fatto, al porto di Genova non verranno trasferiti 30 milioni, ma solo 17, secondo il decreto, perché gli altri 13 rimanevano già (l’1% dell’Iva) allo scalo. A dare una dimensione dell’irrisorietà dello stanziamento, è il confronto con la stima delle perdite: le categorie portuali stimano, in difetto, di perdere 500 milioni all’anno. Con il decreto gliene verrebbero rifondati 30 milioni. La cifra sta creando molta irritazione, e preoccupazione, anche perché, secondo i primi annunci del governo, gli stanziamenti non avrebbero dovuto soltanto sanare le perdite, ma anche aiutare le banchine a rilanciarsi.
La mazzata all’autotrasporto
Rispetto alla bozza del 21 settembre, Genova ha perso 160 milioni. Gliene sono rimasti 20 milioni, per il 2018. Il confronto con la versione precedente evidenzia come siano stati confermati i 20 milioni sul 2018, ma siano stati cancellati 80 milioni per il 2019 e 80 milioni per il 2020. Vengono dunquecancellati precisi impegni di finanziamento, presenti invece nelle prime versioni del decreto. La categoria dell’autotrasporto è una di quelle più colpite dall’effetto del crollo del Morandi, segnando un -30% del proprio fatturato.
Il trasporto pubblico locale
La versione definitiva del dl Genova abbatte anche i finanziamenti destinati al trasporto pubblico locale, fondamentali in una città strozzata dal traffico, dove le strade sono intasate e i mezzi pubblici sono uno dei pochi antidoti agli ingorghi. Dagli 80 milioni, previsti nelle prime versioni del provvedimento, rimangono 20 milioni, per il 2018.
Le assunzioni dimezzate
Dimezzato il personale che Regione Liguria, Città metropolitana di Genova e Comune di Genova potranno assumere per gli anni 2018 e 2019: complessivamente potrà arrivare “fino a 250 unità”, per far fronte alle necessità conseguenti al crollo del ponte Morandi, e solo dopo che il commissario per l’emergenza darà l’assenso. Nelle versioni precedenti, le assunzioni complessive previste erano 500. Si potranno assumere lavoratori con contratti a tempo determinato e con funzioni di personale civile, polizia locale e supporto all’emergenza.
Il supercommissario
Una postilla è stata aggiunta, tra le versioni precedenti e la definitiva: il supercommissario per la ricostruzione sarà nominato con un decreto successivo, “sentito il presidente della regione Liguria”. Recepita dunque la protesta del governatore della Liguria, che denunciava l’estromissione, nella redazione del decreto, degli enti locali.
Le stime complessive
Complessivamente il decreto porta, per il 2018, a Genova 87 milioni, che diventano 120 milioni con i denari portati in città con l’ordinanza della Protezione civile, che è valsa 33 milioni. Nel 2019 arriveranno a Genova, sempre per effetto del decreto, 112 milioni di euro, in totale. Pesare questi stanziamenti comincia ad innervosire gli operatori e gli amministratori: diversi economisti hanno stimato al 15% la perdita del Pil genovese nel 2019, per un valore di 4 miliardi di euro. Distanze siderali tra la voragine economica aperta dal crollo del ponte e l’azione del decreto per ripararla.
Alla fine, il ponte, chi lo paga?
Per rendere sostenibile il decreto la Ragioneria dello Stato è intervenuta facendo istituire un fondo di garanzia, che nelle precedenti versioni non era previsto. Perché i superpoteri del commissario e le sue eventuali scelte di estromissione di concessionarie possano comunque essere sostenute economicamente, è dunque previsto un fondo per cui il decreto impegna a versare 30 milioni annui, fino al 2029. Totale: 330 milioni in undici anni. Un importo molto simile al valore della costruzione del ponte. E molti osservatori si chiedono: alla fine il ponte lo paga lo Stato?
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