Totti, festa grande al Colosseo per l’autobiografia: ”Spero che nessuno si arrabbi”
ROMA – Il Colosseo intorno, chissà a quanti sarà capitato di festeggiare qui il compleanno. Francesco Totti però pare a casa, due simboli di Roma, uno dentro l’altro. Come un imperatore, o un gladiatore: non a caso a introdurlo è la voce di Luca Ward, che fu proprio quella del gladiatore del film. Il sottofondo di qualche coro di tifosi, fuori. Gli sguardi di tanti che lo hanno amato da calciatore e non solo. Per presentare “Un capitano”, la biografia scritta con Paolo Condò. Francesco pare anche emozionato, pure se prova a non darlo a vedere: “Ho rivissuto l’infanzia, la maggiore età, i giochi in strada. Rivivere tutto è stato emozionante. Di libri ne ho letti zero, questo è il primo ma perché sapevo come andava a finire”. Come sia nato lo racconta Massimo Turchetta, direttore di Rizzoli Trade: “E’ nato nella testa di Totti accertato che aveva voglia di raccontarsi. Poi in un elettrauto vicino Porta Romana a Milano io e Paolo Condò abbiamo immaginato cosa poteva diventare”.
A margine qualche battuta colorita, che aggiunge pepe alla serata: “Sicuramente avrei preferito decidere con la mia testa, con il mio fisico, il momento giusto per smettere. Magari lo avrei fatto ugualmente due anni fa, ma in altri modi. Sarebbe stato diverso”.
Totti e Lippi
La moglie Ilary con i figli Cristian e Chanel è l’ultima ad arrivare, seguendo di qualche istante la sindaca Virginia Raggi. C’è Marcello Lippi con cui vinse il Mondiale e Claudio Ranieri con cui sfiorò uno scudetto, Di Francesco che guida la prima Roma senza di lui. Ma anche Delneri, che proprio bene non andò. Manca Spalletti, non era invitato e probabilmente preferirebbe pensare al campionato dell’Inter che al passato romanista. Ma pure Capello, che lo scudetto lo vinse. Ci sono gli stati maggiori della Roma, il dg Baldissoni, il ds Monchi. Non c’è l’ex dg Baldini, prima vittima del libro: “Ma io non avrei voluto questo, spero non si arrabbino altri. Non l’ho scritto per togliermi sassolini dalle scarpe”.
Sul palco si alternano i protagonisti presenti e passati, a cominciare dalla sindaca Virginia Raggi. Che ricorda quando “alle medie ho scoperto di andare alla scuola di Totti, alla Pascoli”. Totti replica subito, divertito: “Io qualche volta ci andavo”. Risate, poi la palla torna alla sindaca: “All’epoca già si diceva che era quello bravo che sarebbe diventato un campione. Ne parlavano tutti. Poi sono cresciuta e quando si parlava di Roma si parlava di Francesco Totti. In un periodo in cui le squadre cambiano spesso calciatori sapere che c’è uno come Totti consente ai tifosi di identificarsi e attaccarsi ancora di più alla squadra perché lui è la Roma”.
Totti con la sindaca Raggi
Con Daniele De Rossi diventa un botta e risposta allegro: “Quando l’ho conosciuto – racconta Daniele – non aveva ancora vinto lo scudetto. C’erano tanti giocatori affascinanti, come Batistuta. Ma io guardavo lui. Poi ho smesso…”. Pronta la replica di Totti: “Menomale, sennò pensavo male. Io pure notai Daniele, già in Primavera. Si parlava di lui, di altri. Andavamo a vederlo e già si vedeva che aveva un grande futuro, da capitano. Ha fatto quello che ho fatto io e mi ha aiutato perché abbiamo camminato insieme. La fascia di capitano? L’ho notata ultimamente perché gli hanno fatto la multa perché non metteva quella della Lega. Scherzando, non poteva che essere lui il mio erede”. De Rossi lo sa e ne sorride: “Eredità leggerissima: ogni partita senti il coro “un capitano” e so che non dicono a me. Farlo dopo di lui è stato un onore, ma è una responsabilità importante, anche un peso. Io non cerco di essere quello che è lui per noi romanisti, ma di onorarlo. Si può essere un emblema anche senza aver fatto 300 gol”.
Totti con De Rossi
Con Rosella Sensi i ricordi delle partite a scopa a Kapfenberg, con Mazzone, e il celebre episodio di quando il tecnico lo cacciò dalla sala stampa al grido “a regazzì vatte a fa la doccia”. Totti lo racconta così: “Io portavo rispetto, ora neanche ti salutano nello spogliatoio, sono cambiati i tempi. Prima c’erano tanti romani, Carlos Bianchi faceva addirittura le partitelle romani contro resto del mondo. E tifava per il resto del mondo”.
Rosella Sensi racconta poi l’episodio in cui il Real Madrid provò a comprare Totti: “Il presidente del Real Florentino Perez disse: presidente, vorrei Totti. Papà si mise a ridere. Poi capì che non era il caso. Ci ha provato tante volte ma sapeva che la famiglia Sensi non l’avrebbe mai messa la firma per venderlo”. Il direttore sportivo dell’epoca, Daniele Pradè, sull’affare Totti-Real offre anche qualche dettaglio in più: “All’hotel Juan Carlos ci fu un incontro: eravamo io e Franco Baldini, ci raggiunsero gli intermediari Bronzetti e Pocetta. A Francesco l’avevano messo nella testa il Real Madrid. Secondo me Francesco ci ha pensato. Poi Rosella Sensi ce lo ha detto, la Roma non se ne sarebbe privata, ma sarebbe stato uno scontro perché Totti era all’ultimo anno di contratto. Mi ricordo bene la telefonata in cui mi disse che sarebbe rimasto, e io me la aspettavo. Il calcio era diverso, c’era un senso di identità forte, si può dire che eravamo amici. E l’amicizia è non tradire, io l’avevo capito che sarebbe rimasto”.
Totti sul palco con Rosella Sensi
Simbolico l’abbraccio con Lippi. “Quando vidi l’infortunio di Totti nel 2006 avevo avuto una martellata. La mattina mi svegliai presto da Viareggio per essere alle 9 a Villa Stuart dove si era operato Francesco. Quella squadra ha saputo trasformare tutto in energia positiva. Francesco mi disse “mister, mi dispiace”. Ma io gli risposi “ti dispiace di che, tu ci vieni ai Mondiali. E pure i compagni dicevano “meglio Totti al 50% che un altro”. Un giorno mi ha detto “io ci sono”. Mi sono arrabbiato anche con lui”.
Con Cassano sono Batman e Robin, così nel libro e forse nella vita: “E’ il giocatore più forte con cui ho giocato – dice di lui Totti – parlavamo la stessa lingua in campo e ci siamo conosciuto fuori ventiquattro ore al giorno”. “Francesco era il mio idolo – la verità di Antonio – ho rifiutato la Juve per venire a giocare con lui, per me è il calciatore italiano più forte della storia, poteva vincere un paio di Palloni d’Oro ma ha rinunciato per restare in questa città. E la mamma per me è mamma Fiorella. Mi ha trattato come un terzo figlio, lei e Enzo sono due persone speciali”. L’altro compagno di avventure è stato Vincent Candela: “Con lui vivevamo insieme in campo e fuori, a Francesco auguro di vincere nella vita fuori dal campo più che in campo. Il meglio deve arrivare”. Inevitabile la replica di Totti: “Sarà dura”.
Totti e Ranieri
Claudio Ranieri deve invece ascoltare l’aneddoto sulla sua scelta. Totti racconta: “La proprietà ci chiamò e ci disse: “Volete Ranieri o Mancini?”. E noi diciamo: Mancini. Alle sette torno a casa, accendo la tv e sento che l’allenatore è Ranieri”. Risate generali e con il tecnico il ricordo della cavalcata che ha portato a sfiorare lo scudetto e anche l’episodio del calcio a Balotelli nella finale di Coppa Italia: “Mister, è colpa sua che non mi fece giocare”. Altre risate, oltre alle scuse per “un gesto non da me”.
L’epilogo spetta giustamente a Di Francesco: “La forza di Francesco è sempre stata la famiglia. Nel figlio Cristian rivedo Francesco, nella spensieratezza e nei valori. Francesco ancora non è cresciuto, deve decidere cosa fare da grande. Ha tante conoscenze, ma per poter diventare quello che può qualche libro lo dovrà leggere”. Intanto, ha iniziato a scriverne.
REP.IT