I mercati bocciano il Def: Piazza Affari affonda E ora lo spread fa paura
Trentadue punti base di spread in un giorno – con un picco di oltre 45 – sono il benvenuto dei mercati alla nota di aggiornamento del Def uscita giovedì dal Consiglio dei ministri.
Di contorno, Piazza Affari ha ceduto il 3,72% e 22 miliardi di capitalizzazione, trascinata dalle forti vendite sui titoli bancari, più esposti all’andamento dei Btp. Al termine della seduta, lo spread chiude a 267 punti base dopo aver toccato un picco a 280 punti mentre il rendimento del Btp decennale ha superato il 3%. Il prossimo choc dovrebbe arrivare a fine ottobre, quando le agenzie di rating potrebbero tagliare il giudizio sull’Italia. Un esito «a questo punto quasi certo», dice un gestore, «e in parte già scontato dai mercati». A deludere, si spiega dalle sale operative, non è tanto il numero in sé quanto la credibilità del ministro dell’Economia Giovanni Tria e del governo nel suo complesso, dopo che nei giorni scorsi è passato chiaro il messaggio che l’Italia avrebbe rispettato gli impegni con l’Europa. L’altro elemento di preoccupazione sui mercati è lo scontro con l’Europa, che ha già manifestato la propria preoccupazione per i numeri del Def e che dovrà dare il suo giudizio sulla manovra.
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Manovra che ancora, nella sua interezza, non c’è. La stesura definitiva della nota di aggiornamento del Def è attesa per la prossima settimana, mentre i tecnici del ministero sono al lavoro sulle tabelle che dovranno esplicitare i numeri della manovra. Secondo quanto trapela, a preoccupare in queste ore è proprio la reazione dei mercati e il suo impatto sul costo del debito pubblico. La stima del Def di aprile prevedeva un costo del debito in calo nel 2018 e stabile nel 2019. La reazione di ieri e la prospettiva di un taglio del rating fanno stimare una spesa per interessi sulle nuove emissioni, che a giugno era pari allo 0,75% medio, più che raddoppiata. Secondo le stime di queste ore, servirebbero tra 4 e 6 miliardi all’anno. Soldi da aggiungere al già complicato tema delle coperture: secondo gli annunci fatti tra giovedì sera e ieri infatti la manovra arriva a quasi 40 miliardi, dei quali il deficit ne copre circa 27 mentre gli altri 13 dovrebbero arrivare da tagli alla spesa e dagli incassi del condono, la cosiddetta «pace fiscale».
Il dato sul deficit «poteva essere peggio», scrive in una nota Credit Suisse. Mentre Tria «non è più percepito come garante del mercato», spiega Alessandro Balsotti, gestore del Jci Fx Macro Fund. «Il problema è il punto di partenza del rating italiano, molto prossimo alla perdita dello status di paese Investment grade. La perdita di questo giudizio provocherebbe l’esclusione dell’Italia dai più importanti indici obbligazionari mondiali, scatenando la liquidazione forzata di titoli di Stato italiani da parte di molti investitori esteri, inclusa la stessa Bce, come accadde per Grecia e Cipro», dice Andrea Delitala, a capo dell’ Investment Advisory di Pictet Asset Management. Controtendenza Azad Zangana, economista di Schroders: «Nel breve termine, ci aspettiamo che gran parte degli investitori torneranno a sostenere l’Italia. Nonostante tutte le turbolenze, il Governo mira ad allentare leggermente la politica fiscale e in una fascia tollerata dai mercati. Inoltre, i rendimenti offerti dall’Italia saranno difficili da ignorare, soprattutto quando gli investitori europei si troveranno ad avere poche altre occasioni di ottenere guadagni decenti». A preoccupare, tra le misure annunciate, anche le modifiche annunciate alla riforma Fornero del sistema pensionistico.
Misure criticate duramente dal presidente dell’Inps, Tito Boeri. «C’è una grande iniquità nelle scelte del governo sulle pensioni e questo è un pericolo molto serio – ha detto Boeri -. Ammesso e non concesso che per ogni pensionato creato per scelta politica ci sia un lavoratore giovane bisogna tenere conto che chi va in pensione oggi in media ha una retribuzione di 36.000 euro lordi, mentre un giovane assunto con contratto a tempo indeterminato, cosa molto rara, avrà una retribuzione di 18.000 euro. Quindi ci vorrebbe la retribuzione di almeno due giovani lavoratori per pagare una pensione».
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