Boccia: “Col rialzo dei tassi già sfumato un pezzo di manovra”

«Lo spread? In pratica ci siamo già mangiati un pezzo di manovra» avvisa il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Che non si stupisce per il deficit al 2,4%, ma chiede «più attenzione alla crescita, agli investimenti, all’occupazione e ai giovani».

«I mercati – spiega – hanno reagito all’obiettivo del governo facendo alzare subito i rendimenti. Questo costerà alla finanza pubblica, alle famiglie e alle imprese. Già ci siamo mangiati un pezzo di manovra. Ma più importante del numero è cosa vogliamo fare con le risorse che chiederemo in prestito. Tra il 2001 e il 2005 anche Francia e Germania presero la stessa decisione, ma investirono su economia reale e riforme strutturali, e i fatti hanno dato loro ragione, poi ricordo che il loro debito era attorno al 60% del Pil, meno della metà del nostro. Quindi, se questa manovra avesse dentro anche elementi sostanziali per incrementare l’occupazione, accelerare la crescita e ridurre il debito, avrebbe un senso. Se fosse solo spesa e deficit, e quindi debito, è evidente che porrebbe una criticità notevole. Per ora, sembra tutta una manovra di stimolo dei consumi e disincentivo al lavoro, molto rischiosa».

 

Ma così avremo 100 miliardi di debito in più in tre anni.

«Esatto, occorre raccontare qual è l’impatto sull’economia reale, se ci sono provvedimenti in tal senso. Altrimenti questi soldi avremo difficoltà a farceli prestare dai risparmiatori nazionali e internazionali. E alla fine, se non si genererà crescita sufficiente a coprire tutte queste spese, dovremo alzare le tasse».

 

Rischiamo una procedura di infrazione da parte della Ue.

«Il governo l’ha messa nel conto e il rischio di impoverimento nel lungo periodo è reale se non si agisce per la crescita, come avevamo già evidenziato a febbraio a Verona. È paradossale “cantare vittoria“ quando si chiedono soldi in prestito, bisognerebbe farlo per risultati che si ottengono: se sono deficit e debito è evidente che ci impoverisce. Comunque, più che il giudizio dell’Europa sarà importante quello degli investitori. Per ora è stato negativo, ma dico ai mercati: aspettiamo gli atti concreti prima di giudicare».

 

Le piace la definizione di «manovra del popolo»?

«Sono frasi che non hanno senso. Se aumenta lo spread e le famiglie dovranno pagare rate più alte di mutui casa e se aumentasse la disoccupazione, altro che manovra del popolo… Occorre una manovra per il popolo, nell’interesse del popolo e che dia centralità a lavoro e occupazione».

 

Ma il grosso delle risorse servirà per l’Iva, il reddito cittadinanza e le pensioni.

«La crescita nel lungo periodo la si genera solo con gli investimenti: formazione, infrastrutture, ricerca. Se non ci saranno anche provvedimenti in questa direzione mancherà un elemento fondamentale per la nostra economia, determinante per azzerare le percezioni di incertezza e criticità i cui segnali sono lo spread e l’andamento in Borsa».

 

Cosa pensa della pace fiscale? Sa tanto di condono…

«A noi i condoni non piacciono. Peraltro, li hanno fatti praticamente tutti i governi. Noi abbiamo proposto una rateizzazione decennale dei debiti fiscali con tassi non “usurari“ per le aziende in stato di crisi oggettive».

 

Imprese troppo trascurate?

«La questione industriale che si stanno ponendo in Germania, Francia, Cina e Usa da noi non è affatto toccata. Anzi, ci sono molti preconcetti e pregiudizi sul ruolo dell’industria italiana grazie alla quale il nostro Paese esporta 450 miliardi di euro dei 550 totali. Non capire che la forza dell’economia italiana è la sua manifattura significa non avere un progetto di sviluppo».

 

Ad agosto si diceva «deluso» dal governo e minacciava la piazza. Oggi?

«Era una reazione a toni volgari e ingenerosi di alcuni esponenti della maggioranza verso Confindustria e, peggio ancora, a nostri imprenditori. Speriamo sia stata solo una brutta parentesi. Se così non fosse il malessere della nostra base associativa fatta da 160.000 imprese diventerà difficile da governare».

 

Non sembrate ondivaghi?

«No, abbiamo espresso le nostre critiche al decreto dignità ed abbiamo reagito ai toni esagerati nei nostri confronti. Noi valutiamo sempre i provvedimenti e non i governi».

LA STAMPA

 

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