Il vero mistero: cosa ci fa Salvini con i comunisti?

Ci sarà un motivo per cui questa manovra economica piace, oltre che ai Cinquestelle, ai reduci comunisti e all’ala sinistra del Pd.

E ci sarà un motivo perché Confindustria si appella alla Lega, e non ai Cinquestelle, per salvare il salvabile.

Il motivo è che Di Maio e soci ci stanno ributtando indietro di decenni con ricette economiche da socialismo reale. A noi poco importa che la manovra piaccia o no all’Europa, non piace a noi e questo è sufficiente per opporsi, almeno a parole, e smascherare il grande imbroglio che ci hanno servito.

Che ci faccia Matteo Salvini a tavola con i comunisti resta il vero mistero. Non c’è nulla in questa manovra, se non qualche vago impegno, del programma economico liberale presentato dalla Lega in campagna elettorale insieme ai partiti del centrodestra. In compenso c’è tanto della più radicale ideologia di sinistra, un voler sobillare una nuova lotta di classe: i proletari dalla parte giusta e assistita, il capitale da quella sbagliata e vessata, quando invece – financo nel suo senso evangelico – la giustizia sociale consiste nel premiare i bravi e punire i cattivi (o i furbi) indipendentemente dal fatto che siano padroni o lavoratori.

Cosa ci fa Matteo Salvini con uno come Di Maio che ragiona come Stalin, che alla conferenza di Yalta ebbe a dire: «Quello che è mio è mio, quello che è vostro è negoziabile»? Eh no, caro Di Maio. Le nostre pensioni non sono negoziabili solo perché «non proletarie», i nostri risparmi affidati ai mercati non sono carta straccia con la quale accendere il falò che illumini la vanità dei Cinquestelle, senza contare che stanno facendo una montagna di debiti usando i nostri soldi.

Avremmo avuto bisogno di una manovra finanziaria che liberasse i talenti, ci ritroviamo a premiare i modesti innescando un livellamento verso il basso di tutta la società. E l’alternativa è tra un fallimento di Stato, se domani mattina e nei giorni seguenti Borsa e spread dovessero continuare a punirci, oppure il consolidarsi di un socialismo di Stato se i mercati avessero pietà di noi. Capite bene che nessuna delle due opzioni fa al caso nostro.

E neppure a quello dei più scatenati fans di Matteo Salvini.

IL GIORNALE

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