Ingiustizia pensioni: la “cittadinanza” M5s è un regalo al Sud

Sono sempre più gli addetti al settore sicuri che le pensioni di cittadinanza, uno dei provvedimenti di bandiera del M5s e del vicepremier Luigi Di Maio, quando si alzerà il velo sulla Legge di Bilancio, saranno molto diverse rispetto alle premesse.

Il governo dovrà cambiare il progetto originario.

Troppi potenziali effetti indesiderati e un’iniquità di fondo: sono un disincentivo a lavorare e a pagare i contributi. Tanto poi ci pensa lo Stato a portare la rendita mensile a un livello accettabile. Proprio quello che non serve a un paese con bassa produttività e il vizio di fare un po’ di nero.

La misura assistenziale che nei piani del governo dovrebbe entrare in vigore già da gennaio, prima del reddito di cittadinanza vero e proprio, consiste in una integrazione alle prestazioni previdenziali e assistenziali che sono sotto la soglia di povertà fissata dall’Istat, cioè 780 euro.

Un regalo del Movimento 5 stelle ai suoi elettori, soprattutto al Sud. La metà delle pensioni del Meridione e delle isole è inferiore ai mille euro. Secondo l’Istat il 49,5%. Nel Nord Ovest sono il 33,3%; 35,5% nel Nord Est; 37,5% nel Centro.

La gran parte delle risorse andrà a chi percepisce una rendita inferiore ai 500 euro. In questo caso la disparità geografica è ancora più accentuata. Poco sopra l’otto per cento degli assegni erogati al Nord sono sotto la soglia, contro il 15,6 del Sud.

In realtà è ancora difficile stabilire chi avrà veramente diritto alla nuova pensione minima. Lo scopriremo quando il governo approverà la legge di Bilancio. Ma appare già chiaro che l’integrazione riguarderà anche le rendite assistenziali, non solo quelle da lavoro. Anche in questo caso sarà il Sud a beneficiarne. Il 47,1 per cento delle invalidità civili, ad esempio, è erogato al Sud, contro il 32,8 del Nord e il 20,2 del centro.

Sono le pensioni che non dipendono dai contributi versati. Ma anche una calamita per le truffe. Le cronache giudiziarie, nonostante anni di denunce e proclami, sono ancora piene di casi di falsi invalidi. Anche loro avranno diritto alla pensione di cittadinanza.

Non c’è solo questo tipo di distorsione. Le pensioni basse non sono sempre sinonimo di disagio sociale. «Non si capisce – spiega Giuliano Cazzola, esperto di previdenza – se l’integrazione riguarderà la singola pensione o il pensionato». Dettaglio non da poco, visto che in Italia ci sono più pensioni che pensionati. Ogni pensionato percepisce statisticamente 1,4 prestazioni. Spesso gli assegni si sommano.

«Alla fine – spiega Cazzola – Di Maio dovrà copiare Berlusconi e legare l’aumento delle minime al reddito complessivo». È l’unico modo per non scassare i conti.

Altro problema. Chi ha un’attività autonoma potrebbe essere incentivato a lavorare in nero e versare i contributi per il minimo indispensabile. L’importo della pensione di cittadinanza è molto simile, e in alcuni casi superiore, alle prestazioni di tanti artigiani o agricoltori. Di chi cioè, ha pagato pochi contributi.

Un problema ben noto a Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato che pochi giorni fa ha bocciato il sussidio pentastellato. «Un artigiano che ha un reddito di 25mila euro l’anno per 25 anni – ha spiegato – accumula una pensione di 780 euro al mese. Rendere universale questo trattamento qualche effetto perverso sul mercato è in grado di procurarlo».

IL GIORNALE

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