Pacchia per 5mila rom: anche loro prenderanno il reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza prende forma. Ma nonostante il Movimento Cinque stelle stia ragionando da anni su questa misura la sua applicazione operativa appare ancora confusa, così come molte delle sue implicazioni.

La vera domanda è: esiste davvero un modo per non trasformarlo in un sussidio permanente e in un disincentivo al lavoro? E come sarà possibile evitare una (ulteriore) esplosione del lavoro nero e non mortificare chi si troverà a lavorare duramente per pochi euro in più? Ma non è finita qui. Ieri Carlo Stasolla presidente dell’Associazione 21 Luglio è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus per spiegare che con ogni probabilità anche i rom residenti nei campi potranno avere accesso a questo benefit. «Circa un settimo dei rom vive nei campi, sono circa 5.000 con la cittadinanza italiana – spiega Stasolla – Sicuramente loro potranno usufruire del reddito di cittadinanza, dato che non si possono discriminare persone su base etnica. Se si stanno già informando? C’è un certo interesse, qualcuno chiede, ma ancora non si hanno elementi su come si potrà avere questo reddito».

La stessa Associazione 21 Luglio nel suo rapporto annuale sulla condizione di rom e sinti aveva fatto presente in passato che non esistono dati certi sulla composizione etnica della popolazione rom e i numeri sulle presenze complessive in Italia corrispondono a stime che si muovono all’interno di una forbice molto ampia compresa tra le 120.000 e le 180.000 unità. Circa il 50% dei rom sono italiani. Bisogna ricordare che per percepire il reddito di cittadinanza sarà necessario iscriversi ai centri per l’impiego e dimostrare di essersi attivati per la ricerca di un lavoro. Si tratta però di una procedura e di strutture tutte da costruire e avviare.

Di certo dentro la Lega alcuni mal di pancia iniziano a emergere. Se con il reddito di cittadinanza «l’idea è quella di dare soldi alle persone perché se ne stiano sul divano di casa, la sofferenza è assolutamente condivisibile. Ma il punto è che non deve essere così. Deve essere una misura indirizzata esclusivamente a coloro che si danno da fare per riuscire a ottenere un lavoro» dice al Corriere della Sera, Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture. Più duro il governatore veneto Luca Zaia. «Sono necessari accortezza e buon senso, l’operazione può stare in piedi solo con la garanzia che si va ad aiutare chi ha bisogno per accompagnarlo al mercato del lavoro. Se diventa una cosa stabilizzata, invece, si trasforma in un problema. Di canne per pescare ce ne sono abbastanza ma io sento anche spesso la preoccupazione di tanti pensionati e lavoratori che fanno presente di aver sempre versato contributi, per avere una pensione più bassa di 780 euro».

In questo contesto Luigi Di Maio, intervenendo a Quarta Repubblica su Rete4 prova a spargere ottimismo sugli effetti espansivi della misura. «I soldi del reddito di cittadinanza si potranno spendere negli esercizi commerciali in Italia per far crescere l’economia, bisogna limitare al massimo le spese fuori dall’Italia» spiega. Sarà erogato a «chi è residente da almeno 10 anni nei confini italiani» e «sarà messo su carta elettronica. L’ideale sarebbe usare quello che già abbiamo, la tessera sanitaria con il chip». La scelta della carta elettronica è «perché questi soldi si devono spendere presso gli esercizi commerciali italiani limitando al massimo le spese fuori dall’Italia». Cosi, ha aggiunto, «avremo un gettito Iva e Pil superiore alle aspettative perché inonderemo le piccole imprese e i commercianti».

IL GIORNALE

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