Manovra economica 2019: i motivi per cui la Ue non la approverà

Massimo Morici

 

Il titolo di un articolo del Wall Street Journal (Investors Should Call Italy’s Bluff) la dice lunga su cosa pensino gli investitori della politica economica dell’esecutivo giallo-verde, soprattutto dall’altra sponda dell’Atlantico: l’Italia – si chiedono – dice di infischiarsene dei patti con Bruxelles, ma sta facendo sul serio o sta bluffando? E fino a che punto Di Maio, Salvini & Co. sono disposti ad alzare lo scontro con la Ue, mentre lo spread tra Btp e Bund, i titoli decennali tedeschi benchmark dell’Eurozona, ha superato martedì 2 ottobre la soglia dei 300 punti base, livelli che non si vedevano dal 2014? Già, l’annuncio di fissare il target deficit / Pil al 2,4 per cento per i prossimi tre anni (il tetto imposto dal Fiscal Compact è del 3 per cento) non è piaciuto affatto a Bruxelles.

Il difficile ruolo di Tria

L’Italia nel DEF approvato dal governo Gentiloni lo scorso aprile aveva concordato una riduzione del rapporto tra deficit nominale e Pil allo 0,9 nel 2019 e allo 0,2 nel 2020. Il ministro dell’Economia dell’esecutivo giallo -verde, Giovanni Tria, che sin dalla sua nomina, sostenuta dal presidente della Repubblica Mattarella (lo ha preferito a Paolo Savona), ha assunto il ruolo di “pacificatore” dei mercati, ha proposto un target dell’1,6 per cento, una percentuale più alta di quella promessa dal precedente esecutivo, ma che incontrerebbe il favore della Commissione europea.

Venerdì 28 settembre, però, ha dovuto incassare il no dai principali “azionisti” del governo giallo-verde (Di Maio e Salvini), i quali, per mantenere le loro promesse elettorali, hanno imposto un tetto tre volte superiore rispetto a quanto concordato con Bruxelles dal duo Gentiloni- Padoan, i quali comunque erano riusciti a strappare qualcosina in più in termini di flessibilità. Tria ha tempo fino al 15 ottobre, quando Bruxelles inizierà a valutare tutte le leggi di stabilità degli Stati membri. Sono poco meno di due settimane per convincere i due partiti al governo a modificare alcuni dettagli della manovra, ancora non noti da un punto di vista numerico.

Cosa chiede Bruxelles

In caso negativo, molto probabilmente sarà la Commissione europea a chiedere all’Italia di abbassare il target di deficit /Pil per il prossimo triennio, anche se non ha il potere per costringere il governo a farlo (il paese rischia però una possibile procedura per mancato rispetto della riduzione del debito), prima della presentazione in Parlamento a fine ottobre. Bruxelles, infatti, non sembra cedere di un millimetro. Il lussemburghese Jean – Claude Juncker, presidente della Commissione europea, intervenuto in Germania, è stato molto duro, dicendo che “bisogna essere molto rigidi” e che “se l’Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vorrebbe dire la fine dell’euro”.

Stessa musica da parte del commissario Ue per gli affari economici, il francese Pierre Moscovici: “Il deficit del 2,4 per cento per tre anni – ha detto ai giornalisti in occasione della riunione dell’Eurogruppo che si è tenuta il 1 ottobre in Lussemburgo – è una deviazione molto, molto significativa rispetto agli impegni presi dall’Italia”.

Cosa temono gli investitori

Ma anche se l’Italia vincesse questa manche, non è detto che poi si aggiudichi la partita il prossimo anno. E, quindi, è naturale chiedersi come evolveranno le relazioni tra con l’Europa e se quello che gli investitori americani chiamano “bluff” non sia altro che una mossa elettorale in vista delle elezioni europee nel 2019. Il WSJ fa notare, ad esempio, che ancora la maggioranza degli italiani è pro euro e lo stesso premier Conte ha ribadito che “l’euro è la nostra moneta ed è per noi irrinunciabile”. Ma il problema dei conti pubblici, insomma, continuerà a persistere in Italia, se non si metterà mano alla spesa dello Stato.

“Il governo italiano non è diventato improvvisamente una coalizione di conservativi con idee fiscali liberali” scrive Azad Zangana, economista del gestore britannico Schroder, in una nota agli investitori. “La pantomima politica probabilmente si ripeterà ancora di questi tempi l’anno prossimo, quando si starà lavorando al bilancio 2020. Intanto, l’Italia rimarrà vulnerabile a qualsiasi colpo alla crescita, che sia di tipo ciclico o che si tratti di uno shock”.

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