“Quota 100”, altri 25 mila medici in fuga. Sanità in tilt
Smontare la legge Fornero introducendo quota 100, ossia consentendo il pensionamento a soli 62 anni con 38 di contributi, significherà perdere da un anno all’altro la bellezza di 25mila medici ospedalieri. Roba da far andare in tilt pronto soccorsi e sale operatorie. Anche perché l’emergenza si sommerebbe a emergenza, visto che tra normali pensionamenti dei camici bianchi figli del baby boom e blocchi delle assunzioni, già così, senza riforma pensionistica, da qui a cinque anni spariranno dalle nostre corsie 45mila medici. Che con «quota 100» diventerebbero 70mila «ghost doctors», dottori fantasma. Per capire, nel 2023 più della metà dei medici appenderà il camice al chiodo. «La riforma – mette in guardia una nota dell’Anaao, il più grande sindacato dei medici ospedalieri – determinerà in un solo anno l’acquisizione del diritto al pensionamento di ben 4 scaglioni, diritto che verrà largamente esercitato visto il crescente disagio lavorativo legato alla massiccia riduzione delle dotazioni organiche».
In tutto una fuga per 25mila, mette in guardia l’Anaao, che insieme alle altre sigle mediche ha già annunciato di voler ricorrere all’arma dello sciopero, cominciando con una o due giornate di blocco della sanità pubblica questo mese. Una protesta contro il mancato finanziamento di un contratto fermo al palo oramai da nove anni, che ha fatto perdere ai dottori ospedalieri oltre 31mila euro netti di retribuzione. «Tanto che oramai un medico a inizio carriera, con i suoi 2.300 euro di stipendio mensile, guadagna in media la metà di quanto corrisposto ai suoi colleghi europei», lamenta il segretario nazionale dell’Anaao, Carlo Palermo.
Ma il malessere dei camici bianchi non è solo economico. Le carenze di organico si fanno sempre più sentire e lo stress in corsia o sala operatoria aumenta. Con tutto quello che comporta per la sicurezza dei pazienti. «I turni sono sempre più massacranti, in barba all’orario europeo imposto da una direttiva recepita invano anche dal nostro Paese», lamenta Palermo. Che poi dà un numero che spiega più delle parole la realtà dell’emergenza: 15 milioni l’anno di straordinari non pagati. Che sommati alle ferie non godute fanno sì che in media un medico a fine carriera possa anticipare di un anno l’addio al lavoro. «Se a questo aggiungiamo che l’età media degli ospedalieri è di oltre 50 anni la frittata è fatta, perché molti di loro – spiega Palermo- hanno iniziato a lavorare quando riscattare gli anni di laurea era più economico». E in questo caso si tratta di un maxi-riscatto, visto che un dottore, per diventare tale deve passare sui banchi di università e scuole di specializzazione tra i nove e i dieci anni.
Così gli effetti di «quota 100» rischiano di diventare devastanti per la tenuta dei nostri ospedali. Che in provincia e zone disagiate stanno già morendo per lento strangolamento. Perché se medici e infermieri scarseggiano, le aziende ospedaliere iniziano a contenderseli. E come denunciato dalla Fiaso, la Federazione di Asl e ospedali, i professionisti sanitari finiscono per scegliere policlinici e grandi poli ospedalieri dove possibilità di carriera e retribuzioni sono più allettanti.
«Occorrono risorse per incentivare la permanenza al lavoro e tempi rapidi per rinnovare un contratto che rappresenta una formidabile leva per affrontare l’organizzazione dei servizi, le tutele dei medici e dei cittadini», è la richiesta girata al Governo dall’Anaao. «Tempi di lavoro, adeguata remunerazione del disagio, valorizzazione dell’esclusività di rapporto e nuovi modelli di carriera dei professionisti sono i temi sul tappeto. La loro soluzione esige un investimento di risorse eccezionale, almeno pari ai risparmi sul costo del lavoro che regioni e governi hanno realizzato nell’ultimo decennio», rivendica il sindacato in una nota. Avvertendo: “È l’ultima chiamata per salvare il Ssn dalla sua estinzione».
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