Un tormentone (e tante promesse) che Genova non meritava
Per ricostruire un’arcata del Bay Bridge che unisce San Francisco a Oakland, crollata col terremoto del 1989, i californiani impiegarono dal 17 ottobre al 18 novembre, quando il ponte fu riaperto al traffico: 31 giorni. A Genova, a 50 giorni dal crollo del ponte Morandi, non c’è ancora un commissario. Per carità, catastrofi diverse, responsabilità diverse, dimensioni diverse, procedure diverse. L’apocalisse genovese è molto più grave, la sfida per sanare le ferite (morali e infrastrutturali) molto più complicata. Proprio per questo sono stati insopportabili, però, certi passaggi ai quali i genovesi hanno dovuto assistere sgomenti. Lo sfogo insano di Rocco Casalino («mi è saltato Ferragosto!»), il rimpallo di insulti sulla «favoletta dell’imminente crollo del ponte» e perfino la spiritosaggine di Danilo Toninelli sulla «revoca della revoca» al barbiere di fiducia, battuta che ammiccava alla scelta di revocar la concessione ad Autostrade, sono solo schizzi di qualcosa di molto più serio. Insieme con l’irritazione per il caos di fughe in avanti seguite da frenate, sterzate, zigzag e retromarce, caos che lunedì potrebbe spingere alla prima protesta in piazza anche tanti genovesi che il giorno dei funerali applaudirono il governo fino ad allora innocente, amico e vindice di tanti soprusi, si fa sempre più largo un dubbio: ma quando l’avremo, questo ponte?
Pompieri, vigili, carabinieri, poliziotti, militari e operai che da settimane lavorano febbrili sotto il ponte crollato il loro dovere lo fanno. Ammirati di tutti. Si sono mossi con dedizione e decoro, dicono un po’ tutti, anche le autorità locali. «Inventandosi» in tempi brevissimi una bretellina alternativa per il camion, sistemando gli sfollati, premendo sui tempi. Lassù in alto, però, lì dove un tempo stavano i padreterni dell’odiata «vecchia politica» e oggi i consoli e i proconsoli «del popolo», han fatto di tutto per tirarsi addosso le prime invettive nella loro marcia trionfale. La precipitosa promessa fatta da Autostrade poche ore dopo il crollo (poche ore!) di ricostruire il viadotto «in cinque mesi dalla piena disponibilità delle aree» era dettata solo dalla cattiva coscienza di chi sa d’aver commesso errori, sciatterie, omissioni imperdonabili? Probabile. Lo dirà l’inchiesta giudiziaria. E certo non può bastare la ricostruzione record (53 giorni) del ponte semi-distrutto a Bologna per cancellare i dubbi emersi dopo la tragedia genovese.
Detto questo: quanto ci vorrà, con questo andazzo, perché il capoluogo ligure riabbia il suo ponte, che Toninelli e altri auspicano ottimisti per l’autunno prossimo? Il «decreto Genova» è stato un tormentone che la città e i suoi abitanti non meritavano. Ci voleva del tempo? Sì, ma andava detto. «Potrebbe essere discusso oggi nel Consiglio dei ministri straordinario», annuncia il 16 agosto il sottosegretario Edoardo Rixi. Poi tutti lì, ad attendere l’«Annunzio». Per settimane e settimane. «È in arrivo». «Tutto pronto nei prossimi giorni». «Ormai ci siamo». «Ancora poche ore…». Ricordate lo stesso Giuseppe Conte a un mese dalla catastrofe? «Non torno a Genova a mani vuote: torno con questo decreto per consentire l’intrapresa per il ripristino delle condizioni di vita delle popolazioni locali». E di promessa in promessa («a ore sarà sulla Gazzetta Ufficiale») passa un’altra eternità. Fino all’arrivo sul tavolo del Ragioniere generale. E le coperture?
Troppi puntini di sospensione… Un calvario. Per non dire della scelta del commissario annunciato: Claudio Andrea Gemme, «bravissimo, amatissimo…». Ma presto impallinato: conflitto di interessi. Allora chi? Boh… Toccato nel cuore genovese, Renzo Piano regala alla sua città il progetto d’un ponte tutta luce e vele in omaggio ai morti: bellissimo? Macché, gli spiega un architetto bergamasco sul blog di Beppe Grillo: la strada che fa il mestiere di strada è una cosa vecchia: «basta chiglie, vele, pennacchi, ingegneria auto-celebrativa». Meglio una struttura multifunzionale con dentro di tutto: «attività commerciali, tempo libero e sviluppo tecnologico»… Il ministro per le infrastrutture esulta: «un luogo d’incontro in cui le persone si ritrovino, possano vivere, giocare, mangiare»… E intanto il tempo scorre… Poi ci saranno le gare europee (a proposito: possiamo sovranamente far tutto in casa?), gli intoppi burocratici, i temi ambientali, le contestazioni a Fincantieri (che come ricorda il Sole 24 ore «non ha le capacità tecniche per realizzare un’infrastruttura di questo tipo» né le obbligatorie «Attestazioni Soa»), le rivendicazioni contrattuali di Autostrade, i ricorsi al Tar… Insomma, problemi seri. E mancano solo pochi mesi alle elezioni europee…
CORRIERE.IT
This entry was posted on giovedì, Ottobre 4th, 2018 at 07:02 and is filed under Editoriali - Opinioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.