La sudditanza di Conte raccontata in una foto
di Massimo Cacciari
Capita rare volte di ammirare immagini il cui valore simbolico non potrebbe venire espresso neppure da mille approfonditi discorsi. Nel nostro Rinascimento le chiamavano imagines agentes proprio per la loro potenza nel rappresentare un modo di essere, una visione del mondo, una cultura, nel senso antropologico del termine. Una di queste è senz’altro quella in cui il nostro Primo Ministro, in piedi e quasi all’ombra di un suo ministro, esibisce con lui un cartiglio a eterna memoria di un epocale decreto fermamente voluto da quest’ultimo in difesa della nostra sicurezza, della Patria e dei suoi sacri confini.
Mai era accaduto nella storia politica non solo dell’Occidente che un Primo Ministro si riducesse a sandwich-man di un suo ministro. Mai che si esibisse con cartellini in mano in una sede istituzionale, come accade nelle manifestazioni di piazza o in certi siparietti parlamentari.
Ben più che icona-simbolo di una sudditanza politica totale, l’immagine vale come apocalittica (in senso etimologico: apokalypsis significa togliere il velo, scoprire, rivelare) manifestazione di quanto la competenza culturale e il lavoro intellettuale possano smarrire la propria valenza critica e auto-critica, se fagocitati da micro-cupidità di potere e private ambizioni.
Ma apprendo della venerazione del Nostro per padre Pio, e allora lo spettacolo, altrimenti indecente, della sua pubblicità per Salvini, potrebbe venire interpretato come segno di humilitas: il Primo Ministro, a immagine del Signore, si svuota tutto in favore del suo servo-ministro.
Lascio agli elettori Cinque Stelle la decisione ermeneutica, chiedendo loro nel frattempo, con la stessa modestia dimostrata dal loro antico ministro in pectore, poi assunto a Guida suprema, se attenderanno con la pazienza dei forti che il protagonista della nostra immagine finisca di consumarli, stravinca le elezioni europee e riunisca sotto le sue bandiere tutta la Destra italiana, licenziandoli in tronco come immigrati qualsiasi.
L’ESPRESSO