Bruxelles, 6 ottobre 2018 – E’ scontro aperto aperto e ora si balla. La Commissione Ue respinge platealmente le scelte di bilancio del governo italiano e si prepara a fine mese a chiedere la modifica del progetto di finanziaria 2019. Se naturalmente gli obiettivi di deficit non cambieranno, cosa che al momento appare del tutto irrealistica. Dopo ore di cesellatura del testo finale, la risposta del vicepresidente Valdis Dombrovskis, responsabile dell’euro, e del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, al ministro Tria è stata secca e precisa: «A prima vista gli obiettivi di bilancio appaiono puntare a una deviazione significativa dal percorso di bilancio raccomandato dal Consiglio e ciò è causa di seria preoccupazione». E ancora: «Chiediamo alle autorità italiane di assicurare che il progetto di bilancio rispetti le regole comuni e aspettiamo con ansia di vedere i dettagli delle misure». E a Tria che auspicava un «dialogo aperto e costruttivo», la risposta è chiara: «Siamo sempre disponibili al dialogo, come abbiamo fatto anche negli ultimi anni e mesi».

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«Deviazione significativa» è il termine usato quando uno Stato rischia si trova nell’anticamera di una procedura per deficit eccessivo, anche se non è questo il momento. Prima deve svolgersi l’intero percorso del confronto sulla nuova legge finanziaria, con la richiesta di modifiche e poi le successive decisioni del governo. Se queste sono le premesse, la valutazione che la Commissione farà dopo il 15 ottobre non potrà che essere negativa.

I due commissari ricordano a Tria quanto l’Italia aveva concordato con gli altri governi solo pochi mesi fa, cioè la raccomandazione Ecofin del luglio scorso, «sottoscritta all’unanimità dal Consiglio, pure dall’Italia». L’indicazione era di «assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica netta non superasse lo 0,1% nel 2019, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuale dello 0,6% del Pil» (10,8 miliardi di euro). Tria aveva concordato nelle settimane con Bruxelles un aggiustamento dello 0,1, ma si è trattato di un impegno scritto sulla sabbia perché implicava un deficit/Pil nominale all’1,6%. Per la Commissione si riparte dalla regola dello 0,6%, anche questo un segno di indurimento, peraltro annunciato sia dallo stesso esecutivo Ue sia dai ministri dell’Eurogruppo.

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Scrivono ancora Dombrovskis e Moscovici: «Prendiamo nota dell’intenzione del governo di aggiornare il Def per rivedere gli obiettivi di bilancio per il 2019-2021 (rispettivamente con un deficit/Pil nominale di 2,4%, 2,1% e 1,8%) e di deviare dalla convergenza precedentemente annunciata verso l’obiettivo di medio termine di un bilancio in equilibrio in termini strutturali». I nuovi obiettivi scritti nella nota al Def «corrispondono a un deterioramento strutturale dello 0,8% del Pil nel 2019 e a un bilancio strutturale stabile nel 2020-2021». Cioè senza miglioramenti.

Ecco lo scenario che si apre: se il governo non cambia linea, Bruxelles chiederà la revisione del progetto di bilancio, cosa mai chiesta prima ad alcun Paese. L’Italia ha tre settimane di tempo per decidere dalla fine di ottobre. Può anche non cambiare nulla, ma dovrà vedersela probabilmente con i mercati. Poi c’è il capitolo procedure per violazione delle regole Ue: Bruxelles può aprirne una per violazione della regola del debito nel 2017, dato che è saltato l’impegno a proseguire il consolidamento negli anni successivi. Per i conti 2018 si vedrà in primavera.

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