Reddito di cittadinanza a rischio per chi vive con i genitori

di Andrea Bassi

Il termine fu coniato quasi dieci anni fa dall’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa: «bamboccioni». Da allora è entrato nel gergo comune per indicare quella fetta di ragazzi italiani che rimangono, a volte ben oltre la soglia della giovinezza, a casa con i genitori. Alcuni di questi non lavorano e non studiano, e nelle statistiche vengono indicati con il termine di «Neet», una acronimo inglese che sta per «not (engaged) in education, employment or training», che in sostanza significa semplicemente che sono scoraggiati. Il nodo dei «Neet» è uno dei più delicati per gli esperti che si stanno occupando di scrivere le norme sul Reddito di cittadinanza che dovranno essere inserite in un collegato alla prossima manovra di bilancio.

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I CRITERI
Al momento, i criteri che si stanno delineando, escluderebbero gli scoraggiati dal reddito di cittadinanza se, questi ultimi, risultano a carico dei genitori e il reddito complessivo della famiglia ha un Isee, un indicatore sintetico della situazione economica, superiore a 9.360 euro. Le regole attuali prevedono, infatti, che i figli maggiorenni che convivono con uno o entrambi i genitori fanno parte del nucleo familiare del genitore con il quale convivono.

E fanno parte del nucleo familiare anhe nel caso in cui non siano conviventi con i genitori, ma siano a loro carico ai fini Irpef e non siano coniugati o abbiano figli. Chi sta a casa senza studiare o lavorare, insomma, rischia di essere escluso dal reddito se ha una situazione familiare tale per cui i genitori sono in grado di mantenerli. La questione è importante anche per un’altra ragione. Il pricipale consulente del ministro del lavoro Luigi Di Maio sulla questione del reddito di cittadinanza, il professore Pasquale Tridico, da tempo porta avanti una sua proposta: convincere i «Neet» a rimettersi in gioco. Ossia fare in modo che si iscrivano in massa ai Centri per l’impiego. Questo avrebbe un effetto collaterale non di poco conto: aggiungerebbe al numero ufficiale dei disoccupati circa un milione di persone, facendo crescere il tasso di disoccupazione. A sua volta la crescita del tasso di disoccupazione, farebbe aumentare il potenziale economico dell’Italia: se ci sono più persone disposte a lavorare significa che il Pil potenziale è più alto di quello fino ad oggi stimato. Il Pil potenziale, poi, a sua volta, incide su una misura cara all’Europa, il cosiddetto «output gap», che serve a determinare l’unico indicatore che Bruxelles guarda: il deficit strutturale. L’aumento dei disoccupati grazie ai Neet, insomma, farebbe ridurre il deficit strutturale mettendo automaticamente in regola l’Italia con le richieste dell’Europa.

DETTAGLI DA DEFINIRE
Il problema è che per convincere i Neet ad iscriversi ai Centri per l’impiego, sarebbe necessario che incassassero il Reddito di cittadinanza. Ma i 7 miliardi finora stanziati (2 miliardi dei 9 totali sono per le pensioni di cittadinanza), sono insufficienti a coprire tutta la platea. Certo, questo non toglie che i Neet possano comunque decidere di iscriversi ai Centri per l’impiego che saranno riformati e dovrebbero riuscire a dare, almeno nelle intenzioni, più occasioni di lavoro. Ma dovrebbero farlo, appunto, senza l’incentivo dei 780 euro del reddito. Per adesso, comunque, si tratta ancora soltanto di linee guida di una misura che deve essere definita nei dettagli. La definizione delle platee degli aventi diritto al sussidio, tuttavia, si sta delineando come il passaggio più delicato.

IL MESSAGGERO

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