È scontro Russia-Ucraina. E la Chiesa ortodossa prepara lo scisma epocale

Che si fosse arrivati alle strette lo si era capito già il mese scorso, quando la Chiesa russa ha eliminato qualunque riferimento al patriarca ecumenico Bartolomeo I – la guida spirituale della fede ortodossa – dalle proprie preghiere.

Ora Mosca minaccia di rompere completamente con la Chiesa madre di Costantinopoli, provocando potenzialmente il più grande scisma del mondo cristiano dal 1054, quando occidente e oriente si separarono. Il motivo è più politico che religioso: al centro della disputa c’è l’Ucraina, che non ne vuole più sapere di sottostare all’autorità russa (anche) quando si parla di credo. Secondo il New York Times il Pope potrebbe concedere l’autonomia alla Chiesa di Kiev già questa settimana, motivo che ha fatto andare su tutte le furie il Cremlino.

Dalla fine del Seicento l’Ucraina è sempre stata sottoposta all’autorità del patriarcato di Mosca. Anche dopo la caduta dell’Urss al Paese non fu concesso lo status di autonomia riconosciuto invece ad esempio a Grecia, Serbia, Bulgaria e Romania. Nel ’92 naque una Chiesa ortodossa ucraina, ma tuttora non viene riconosciuta.

Il conflitto con la Russia, che nel 2014 ha invaso e annesso la Crimea sottraendola a Kiev, è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Soprattutto perché la Chiesa russa è rimasta in rigoroso silenzio di fronte alle vittime ucraine della guerra scatenata da Mosca nel Donbass. E così la situazione, in stallo da decenni, è precipitata. A inizio settembre il presidente ucraino Petro Poroshenko ha esultato in un tweet dicendo che al patriarca Bartolomeo era stata confermata l’autorità di riconoscere l’«autocefalia», cioé l’autonomia, delle chiese locali, e che Kiev sarebbe a breve stata riconosciuta come tale. Allora Mosca ha minacciato lo scisma, sostenendo che il Pope non avrebbe quella facoltà. «Non avremmo altra scelta se non quella di rompere i rapporti con Costantinopoli – ha spiegato il responsabile delle relazioni esterne della Chiesa russa, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, alla tv di Stato -. Il patriarca non avrebbe più il diritto di essere la guida di 300 milioni di fedeli, almeno metà della popolazione non lo riconoscerebbe più». Secondo il Cremlino è tutto un piano di Poroshenko – che a marzo cerca la (difficile) rielezione in Ucraina – e degli americani.

La furia di Mosca è dovuta al fatto che la perdita di Kiev azzopperebbe il sogno neoimperialista di Vladimir Putin, che vorrebbe la Russia come guida del mondo ortodosso e il suo governo come la reincarnazione dello zarismo. Senza contare che si romperebbe l’ultimo vincolo che lega l’Ucraina all’ex madrepatria e che l’addio potrebbe tentare altre Chiese controllate da Mosca a fare altrettanto. Un duro colpo, se non la fine, del concetto di «mondo russo» promosso non solo dal Cremlino ma anche dal patriarca russo Kirill. È stato proprio Putin, d’altronde, a riavvicinare Stato e Chiesa: finanziamenti e favori in cambio di un appoggio politico esplicito. Ma uno scisma sarebbe dannoso anche per la Chiesa ortodossa, che si ritroverebbe più povera e più debole, oltre che dimezzata a livello di fedeli, parrocchie e preti.

Nell’attesa del decreto di Bartolomeo la guerra continua, più o meno sottotraccia. Un paio di mesi fa si è scoperto che un gruppo di hacker russi – lo stesso coinvolto nel Russiagate – ha tentato per anni di penetrare nella posta elettronica dei collaboratori del patriarca di Costantinopoli- lui non usa le email – e di diversi metropoliti a lui vicini. E il portavoce della Chiesa moscovita in un’intervista ha profetizzato: se a Kiev verrà concessa l’acefalia, in Ucraina «scorrerà del sangue».

IL GIORNALE

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