Wall Street in picchiata, l’indice Dow Jones scivola sotto i 26mila punti

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Volatilità alle stelle per Piazza Affari e per le Borse europee, che hanno chiuso in forte calo, risentendo della seduta nera a Wall Street (guarda gli indici). Il Dow Jones è scivolato sotto i 26mila punti, ma la performance peggiore è stata quella del Nasdaq che ha segnato un calo di oltre il 2%. Le forti vendite sono state innescate da un mix di fattori: dai timori associati al rally dei rendimenti dei Treasury alle tensioni commerciali tra Usa e Cina contro cui ha messo di nuovo in guardia il Fondo monetario internazionale.

A Milano, il FTSE MIB ha perso l’1,71%, anche se lo spread ha chiuso sotto i 300 punti, esattamente a 296. L’Italia rimane peraltro sorvegliata speciale, nel giorno in cui il ministro all’Economia, Giovanni Tria, ha di nuovo spiegato in Parlamento la manovra economica, sottolineando che il giudizio negativo dell’Ufficio parlamentare di bilancio si basa su previsioni «parziali o obsolete».

Fmi esorta Italia a riforme strutturali
Uno degli elementi che hanno contribuito a creare nervosismo sui mercati è stata l’analisi senza sconti del Fondo monetario internazionale sull’Italia. Il Fondo, in particolare, ha richiamato l’Italia a realizzare riforme strutturali per ovviare alla crescita del Paese, ormai deludente da anni. Secondo il Fondo,

inoltre, nel nostro Paese è necessario che sia realizzato un «consolidamento credibile e notevole nel medio termine, necessario per salvaguardare i conti pubblici e mettere il ratio debito/Pil saldamente su una strada in discesa». Gli economisti del Fondo hanno anche indicato nel dettaglio il peggioramento delle stime sul rapporto tra debito e pil e deficit e pil, quest’ultime senza tenere conto delle nuove indicazioni del Def. In particolare il debito-pil è previsto salire al 130,3% nel 2018 e non più scendere al 129,7%, nel 2019 è atteso calare al 128,7% e non più al 127,5% e infine nel 2023 (l’anno a cui si fermano i calcoli del Fondo) la previsione è pari a un 125,1% e non più al 116,6% calcolato in primavera.

Banche e assicurazioni cercano di opporsi al calo, bene Atlantia
A Piazza Affari hanno cercato di opporsi al calo di Borsa i titoli delle banche e delle assicurazioni, confortati dallo spread sotto i 300 punti. In più sul settore creditizio, Bankitalia ha pubblicato dati incoraggianti: lo scorso agosto i prestiti al settore privato da parte del comparto bancario italiano sono cresciuti del 2,6% su base annua, in accelerazione dal +2,5% di luglio. Inoltre i depositi del settore privato sono aumentati del 4,3% su base annua, mentre la raccolta obbligazionaria è diminuita del 18,2%. Le sofferenze, infine, sono diminuite del 20,8% su base annua (-20,9% a luglio), per effetto di alcune operazioni di cartolarizzazione. Banca Pop Er, dopo i pesanti cali delle ultime sedute, ha recuperato il 2,1%. Intesa Sanpaoloinoltre è salita dello 0,53% e Unicredit dello 0,3%. Hanno però perso l’1% le Ubi Banca e lo 0,45% le Banco Bpm. Nel comparto assicurativo si sono distinte leUnipol e leUnipolsaii entrambe in progresso dell’1,2%. Atlantia ha guadagnato l’1,7%, dopo mesi di pressione dopo il crollo del ponte Morandi a Genova. A ridare verve alle azioni è stata la notizia del Sole 24 Ore secondo cui sono stati creati i veicoli per rilevare da Hochtief il controllo del 98,7% di Abertis. Atlantia avrà il 50% più un’azione del veicolo (Abertis Holdco) che controllerà la concessionaria iberica. L’operazione si chiuderà entro due settimane e Atlantia ha già ottenuto dalle banche le linee di credito (4,8 miliardi complessivi con scadenza al 2023) per finanziare i 3,5 miliardi da conferire al veicolo e i 2,5 miliardi necessari per acquisire il 24,5% di Hotchief.

Lusso travolto dalle vendite, Moncler perde oltre il 10%

Sono invece state vendute a piene mani le azioni del lusso, che hanno risentito di un report negativo di Morgan Stanley. nel quale la banca d’affari sostiene che ancora «non è troppo tardi per vendere le azioni del comparto» a dispetto dei recenti scivoloni. In più gli investitori mettono in conto un rallentamento dei consumi da parte della Cina. I timori scatenati dal report e dalle ipotesi sul settore hanno messo in ombra anche gli ottimi dati sulle vendite del terzo trimestre di Lvmh, salite del 10% in linea con i trimestri precedenti. I titoli del colosso francese hanno perso oltre il 7% e quelli della rivale Kering oltre il 9%. A Milano Moncler ha accusato un tonfo del 10,85%, complice il fatto che da inizio anno è uno dei pochi titoli che continua a registrare una performance positiva, esattamente pari al 21% circa. Del comparto sono andate male anche le Salvatore Ferragamo, giù del 4,2%, Brunello Cucinelli, in picchiata del 9,4%, e Aeffe (-3,3%). Le vendite sul settore lusso hanno colpito tra l’altro anche Ferrari (-8,1%), sia perché la società viene paragonata a un titolo del lusso, sia perché da inizio anno le azioni del Cavallino Rampante mostrano una performance positiva, attorno al 15%. E’ comunque andato male il settore auto europeo e anche Fiat Chrysler Automobiles ha perso il 5,5%. «Si vendono titoli con multipli più cari e si comprano quelli che invece hanno multipli più contenuti», ha inoltre spiegato un trader puntando l’indice sul fatto che ad esempio oggi sono state comprare le Telecom Italia (+1,3%), dopo i minimi dal 2013 toccati nei giorni scorsi.

Giù Brembo e Pirelli, male St

Sono inoltre andate male le Brembo (-5,8%) e le Pirelli & C (-5,98%). Queste ultime si sono portate sotto il prezzo del collocamento delle azioni, di 6,5 euro, avvenuto circa un anno fa. Stmicroelectronics ha lasciato sul parterre il 5,7%, sulla scia della debolezza del Nasdaq che ormai si attesta sui minimi dal 5 luglio scorso.

Giornata nera per Astaldi

Fuori dal paniere principale, sono precipitate del 17,4% le Astaldi accusando la performance peggiore del listino. D’altra parte dal 2 ottobre a ieri le azioni avevano più che raddoppiato il proprio valore, sull’ipotesi di una discesa in campo diSalini Impregilo.

Pesante il greggio, euro sopra 1,15 dollari

Sul fronte dei cambi, l’euro è stabile sopra la soglia di 1,15 dollari: la moneta unica è scambiata a 1,1528 dollari. Vale inoltre 129,89 yen, mentre il dollaro-yen si attesta a 112,64. Oggi è debole anche il petrolio: il Wti, contratto con consegna a dicembre, passa di mano a 73,4 dollari al barile, in calo dell’1,9%.

Negli Usa tornano a salire prezzi produzione
I prezzi alla produzione a settembre negli Stati Uniti sono tornati a salire dopo l’inatteso calo di agosto, il primo dal febbraio 2017. Come reso noto dal Dipartimento del Lavoro americano, i prezzi alla produzione sono aumentati dello 0,2% sul mese precedente, in linea alle previsioni. Rispetto al settembre 2017, il dato è aumentato del 2,6%. La componente “core” – quella depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari ed energetici – è cresciuta dello 0,2%, come previsto.

(Il Sole 24 Ore Radiocor)

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