«Spiegherò ai leader la manovra»: il premier cerca l’aiuto di Merkel
di Simone Canettieri
Da Merkel a Juncker: una serie di bilaterali, a margine, per trovare sponde, al momento complicate anche da immaginare. Così il premier Giuseppe Conte proverà da mercoledì a uscire dall’isolamento provocato dalla manovra, lunedì il primo step con il decreto fiscale, con la quale si presenterà a Bruxelles al cospetto dei leader europei, anche se l’articolato potrebbe non esserci ancora.
«La barra non sarà dritta, ma drittissima, magari cambieranno le virgole delle parole, ma non la sostanza», assicurano dalle parti di Matteo Salvini in vista dell’esame del prof Conte. «Noi siamo aperti al dialogo, ma di certo non ci faremo imporre una manovra contraria al nostro governo», dice per esempio Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del parlamento europeo in quota M5S. Conte dunque si trova a mediare tra i due diversi approcci dei partiti che lo sostengono, ma il merito non cambierà.
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E così è molto probabile che alla fine il presidente del Consiglio adotti non la linea Salvini né quella di Di Maio, bensì vestirà i panni di Giovanni Tria. Ovvero difenderà la «manovra del popolo» e lo sfondamento al 2,4% dando però «ampie rassicurazioni» sulle possibilità di crescita nei triennio e sul piano per abbassare fino al 2021 il rapporto deficit-pil. Basterà? C’è chi dice di no. E il rischio è ben inculcato nelle teste di Salvini e Di Maio.
In superficie l’obiettivo italiano al consiglio europeo sarà chiaro: evitare incidenti frontali plateali con i leader Ue, tenere un profilo di ascolto, non alzare i decibel dello scontro. «Ascoltare e far valere – spiegano da Palazzo Chigi – le nostre ragioni». Che poi sono i consigli offerti dal presidente della Repubblica nei giorni scorsi quando ha riunito mezzo governo al Quirinale per una colazione preparatoria proprio di questo appuntamento. A complicare il quadro dei rapporti ci sono le elezioni europee ormai alle porte.
LA STRATEGIA
E se l’Italia è pronta al muro contro muro mettendo in conto anche il ritorno alle urne pur di non retrocedere con una manovra correttiva nemmeno in caso di spread a 400, dall’altra ci sono gli altri membri del consiglio e delle commissioni che hanno il medesimo interesse: fermare l’avanzata dei populisti. In questo ruolo, il M5S da giorni ha acceso il forno della diplomazia. Inaugurato dalla visita del presidente della Camera Roberto Fico a Bruxelles in contemporanea con la spedizione di Di Maio a Berlino, con l’omologo tedesco. Ecco perché nel governo gialloverde, seppur per paradosso, si punta a fare breccia nel bilaterale in programma tra Conte e Merkel. Da mercoledì fino a novembre la strategia dell’esecutivo sarà questa: aspettare e farsi concavo e convesso in attesa del primo parere sulla legge di bilancio atteso appunto per il 30 novembre. L’ultimo briefing tra Conte i due vicepremier, Di Maio e Salvini, è atteso per lunedì. A margine del consiglio dei ministri campale proprio sulla manovra. Ma sia «Luigi», sia «Matteo» sanno che arrivati a questo punto non possono tornare indietro sul 2,4. Nonostante le aperture, rimaste isolate, della neo colomba Paolo Savona, ministro per le politiche comunitarie.
LA PROPOSTA
C’è poi un altro fronte, che può sembrare laterale ma che occuperà la scena. Si tratta di quello con la Russia. Al vertice dei leader Ue di giovedì mattina il leader Giuseppe Conte chiederà di esplorare strade e strumenti compatibili con l’attuale quadro sanzionatorio alla Russia, per portare avanti progetti con le piccole e medie imprese russe, in settori non coperti da sanzioni. Una mossa che arriva in concomitanza con il viaggio di Matteo Salvini a Mosca. Mercoledì il leader della Lega incontrerà «imprenditori italiani che portano alto il nome del made in Italy in Russia nonostante le sanzioni». E non sono esclusi – seppur non ancora in programma – incontri con Russia Unita, il partito di Putin.
La settimana successiva sarà poi il premier Giuseppe Conte a volare a Mosca. Questa volta però è previsto un incontro al Cremlino proprio con lo «zar Vladimir». Insomma, Mosca diventa sempre più centrale per la diplomazia giallo-verde. Ma prima c’è lo scoglio di Bruxelles, dagli esiti scontati ma dal finale non ancora ponderabile.
IL MESSAGGERO