La pace armata nel governo apre spifferi di voto anticipato

Il semaforo verde al Documento programmatico di bilancio e al decreto fiscale agisce come un buon sedativo sui dissidi interni alla maggioranza.

Le ore che hanno scandito l’avvicinamento al traguardo finale dell’approvazione sono state segnate da tensioni palpabili. Soprattutto la resistenze dei Cinquestelle «alla pace fiscale» hanno rischiato fino all’ultimo minuto di far saltare l’accordo, con la Lega arrivata ad agitare lo spettro del voto anticipato. Il braccio di ferro, alla fine, si è concluso in un abbraccio, seppure non troppo caloroso, e la maggioranza ha superato il primo vero spartiacque.

È chiaro, però, che la manovra lascia diverse scorie da smaltire. La Lega dovrà fare i conti con le aspettative del suo elettorato, con una flat tax in formato ridotto, con previsioni di crescita tutte da verificare. I Cinquestelle continuano a patire la concorrenza leghista. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora replica, a chi gli chiede se teme che Salvini voglia strappare, forte del suo 34% di consensi, che «non è interesse di nessuno e non mi sentirei così tranquillo di questo 34%.

Poi la Lega da sola non è autosufficiente. Con questa legge Salvini finirebbe di nuovo in braccio alla Meloni e a Berlusconi, di cui oggi si è liberato grazie a noi». E aggiunge: «Nella maggioranza ci sono sensibilità culturali molto diverse, a cominciare dai diritti. Noi dobbiamo restare alternativi alla Lega, siamo una cosa diversa». E non è certo passata inosservata dalle parti della Lega la battuta con cui Luigi Di Maio ha liquidato come una piccola concessione dai limitati effetti la «rottamazione ter delle cartelle prevista dal decreto legge fiscale alla quale aderiranno in pochissimi». Inoltre la spirale di voci che accompagna da settimana Giovanni Tria non si è fermata. Secondo l’Huffington Post l’insofferenza nei suoi riguardi da parte dei Cinquestelle è crescente e già si fanno i nomi dei possibili successori che potrebbero subentrargli a inizio gennaio: Gustavo Piga o Rainer Masera.

È prevedibile che questa rivendicazione di diversità segnerà un crescendo nel corso dei prossimi mesi. E secondo quanto racconta Elena Dal Maso su Milano Finanza, broker e banche d’affari iniziano a valutare lo scenario di elezioni anticipate. IG Markets scrive ad esempio che l’Italia corre il rischio di elezioni anticipate «viste le distanze tra le due forze del governo su alcuni punti nevralgici del programma, come quello delle infrastrutture». Per gli analisti, questo evento si concretizzerebbe solo se si verificassero due eventi: un successo per i partiti euroscettici alle elezioni europee del prossimo anno e un raggiungimento della soglia del 40% dei consensi della sola Lega. Aspetti questi che potrebbero «spingere il leader del Carroccio a fare un passo indietro nell’attuale esecutivo e riaprire a un ritorno alle urne», spiegano gli analisti. JP Morgan guarda con interesse alle elezioni in Trentino Alto Adige di domenica prossima, con il possibile avanzamento leghista. E poi naturalmente alle elezioni europee del maggio prossimo.

Goldman Sachs, invece, «vede» le elezioni per la metà del 2019. «Il governo attuale non ha molte possibilità di sopravvivenza se non al massimo fino alla metà del prossimo anno». Il rischio di nuove elezioni, per gli economisti, si fa davvero alto. E la coalizione di centrodestra è quella che ha le maggiori possibilità di vittoria alle urne con un prevedibile beneficio per il Paese. «Un governo che avesse una politica fiscale meno espansionistica di quello attuale, che vede la somma di due partiti diversi, porterebbe sollievo ai mercati e a un rally dei mercati finanziari in Italia».

IL GIORNALE

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