Manovra bocciata dall’Europa: e ora che succede?

di Francesca Basso

La Commissione europea, come largamente anticipato, ha bocciato la manovra di bilancio presentata dal governo italiano. La motivazione è che le misure previste dall’Italia non garantiscono il mantenimento di quelle regole comuni, concordate tra tutti i Paesi membri dell’Eurozona, ritenute fondamentali per la gestione di una moneta unica (l’euro, appunto). Ma che cosa succede, ora?

Il nostro governo ha, a partire da oggi, tre settimane di tempo per inviare un nuovo documento programmatico di bilancio per riallinearsi alle regole europee, in particolare sugli obiettivi di deficit nominale e strutturale. Il vicepremier Matteo Salvini — così come Di Maio — ha comunque già fatto sapere che «non si torna indietro».

Sulla nuova bozza la Commissione si dovrà esprimere «quanto prima».

Se il governo decidesse di mantenere invariati i saldi della manovra (e dunque di non inviare alcuna nuova bozza, o di inviarne una che non modifichi i parametri fondamentali) si farebbe concreta la possibilità di un’apertura della procedura per deficit eccessivo per violazione della regola del debito. Non si tratterebbe di una novità assoluta: anche in passato (nel 2016) la Commissione ha proposto, a fronte della mancata riduzione dei deficit eccessivi da parte di Spagna e Portogallo, di imporre delle multe ai rispettivi Paesi. Il Consiglio europeo aveva però deciso di non comminare le multe, chiedendo ai due governi un ulteriore sforzo. L’Italia appare però, in questa fase, politicamente isolata e difficilmente riuscirà ad ottenere la solidarietà delle altre capitali. E creare alleanze in Europa è fondamentale per portare avanti le proprie istanze.

Il 5 novembre prossimo si terrà l’Eurogruppo e l’opinione negativa sulla nostra manovra finirà sul tavolo del vertice che riunisce i ministri economici e finanziari dei 19 Paesi che hanno adottato la moneta unica.

L’8 novembre la Commissione Ue pubblicherà le previsioni di autunno: e i nostri conti presentano alcune criticità secondo molti osservatori. Per Roberto Gualtieri, presidente della commissione Problemi economici e monetari del Parlamento Ue, «la principale tesi della lettera di Tria, che giustifica lo scostamento dalle regole europee con la presunta capacità della manovra di realizzare un “significativo calo” del rapporto debito/Pil si basa su stime dell’inflazione inattendibili».

Al netto di quanto avverrà a Bruxelles, poi, va considerato l’effetto negativo che una procedura di infrazione contro l’Italia può avere sui mercati e sullo spread. Il 26 ottobre è atteso il giudizio dell’agenzia di rating Standard & Poor’s sull’Italia (attualmente è BBB con outlook stabile); un downgrade — sulla scia di quanto fatto da Moody’s — è probabile.

La fuga degli investimenti stranieri dall’Italia, intanto è stata certificata pochi giorni fa dalla Bce: gli investitori esteri hanno venduto circa 17,9 miliardi di euro di titoli italiani (azioni, obbligazioni e titoli di Stato) ad agosto.

Nel 2014 e nel 2015 Spagna e Portogallo non rispettarono gli obiettivi di riduzione del deficit. Nel luglio 2016 l’Ecofin, che riunisce i ministri finanziari dei 28Stati membri, avviò per la prima volta la procedura di sanzioni per deficit eccessivo a carico dei due Paesi. Cosa prevede? La Commissione Ue ha venti giorni di tempo per raccomandare delle sanzioni. I Paesi hanno poi 10giorni di tempo per fare una richiesta motivata di riduzione. La multa può arrivare allo 0,2% del Pil. M a oltre alla multa può essere decisa la sospensione del pagamento di una parte dei fondi strutturali (che scatterebbe dall’anno successivo alla sanzione e potrebbe essere revocata in caso di raggiungimento degli obiettivi di bilancio). Questa misura è una«novità» introdotta a fine 2013 con il rafforzamento delle regole del Patto di Stabilità ed è uno dei frutti del negoziato per l’accordo sul bilancio Ue 2014-2020.Era stata fortemente combattuta dal Parlamento europeo e dal Comitato delle Regioni perché c’era il rischio, secondo le due istituzioni, di introdurre una grande incertezza negli investimenti europei. Ma i Paesi falchi dell’austerity avevano avuto la meglio:era una delle condizioni messe sul tavolo per accettare di non tagliare il budget Ue. Nel luglio 2016 la decisione della Commissione fu di proporre di ridurre l’ammontare delle sanzioni «fino a zero» a Spagna e Portogalli. Una scelta tutta politica nel tentativo di arginare il malcontento crescente in Europa dopo la crisi greca di un anno prima.

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